Il conferimento (nel caso di specie di un immobile) effettuato in favore del partner in pendenza di una relazione sentimentale, finalizzato alla formazione e fruizione di un progetto comune, non costituisce donazione

L’acquisto dell’immobile

Nel corso del 2016 due coniugi avevano deciso di acquistare un immobile, con relativo appezzamento di terreno, al fine di cominciare un progetto imprenditoriale e di vita comune, ivi trasferendo la propria abitazione familiare e avviando attività di tipo bed & breakfast.

L’immobile era stato intestato alla moglie, alla madre e ad uno zio di quest’ultima; non anche al marito, il quale era già titolare di un’altra abitazione, ed in questo modo, avrebbe continuato a godere dei benefici fiscali.

Il prezzo, era stato corrisposto in parte tramite mutuo acceso presso un istituto di credito, in parte tramite versamenti effettuati dai genitori dell’uomo a mezzo di due assegni circolari corrisposti direttamente al venditore ed in parte con i risparmi comuni dei due coniugi.

Per la ristrutturazione dell’immobile, il marito aveva inoltre, alienato, con atto notarile, l’altra casa di sua proprietà, destinando tutto il ricavato ad alimentare il conto corrente cointestato con la moglie. Detto importo, in particolare, era stato utilizzato per il pagamento dei lavori e degli arredi relativi all’immobile. L’uomo aveva inoltre effettuato ulteriori versamenti per integrare le rate del mutuo, per un totale di € 157.719,92, di cui € 108.719,92 da lui stesso corrisposti ed € 49.000 versati dai suoi genitori.

La richiesta di restituzione delle somme conferite

Cessato il rapporto di coniugio quest’ultimo aveva agito in giudizio al fine di ottenere la restituzione delle predette somme. E, il Tribunale di Pavia, ritenuti pacifici i suddetti versamenti, ha accolto la domanda escludendo che potesse trattarsi di donazioni, attesa l’assenza della causa donandi in capo ai disponenti.

Più volte, la giurisprudenza della Suprema Corte ha affermato che spetta al solvens provare la causa dei versamenti e il suo successivo venir meno e il nesso casuale tra il pagamento effettuato e la mancanza del debito (Cass. 5896/2006; Cass. 4612/2006; Cass. 3468/1997). Incombe, invece, sull’accipiens la prova dell’esistenza di un’altra fonte di debito (Cass. 7027/1997).

Ebbene, nel caso in esame, il Tribunale di Pavia (Terza Sezione, n. 378/2020) ha ritenuto provata la causa non liberale delle dazioni e il venir meno della stessa per l’interruzione del rapporto di coniugio (Cass. 14585/2007; Cass. 3994/2006).

Del resto la stessa convenuta aveva affermato che tali somme erano preordinate alla volontà di intraprendere un progetto comune, anche imprenditoriale, avente ad oggetto attività di agriturismo con animali di vario genere (Cass. 7501/2012; Trib. Roma 14.11.2019).

La decisione

In proposito la Corte di Cassazione (ord., 27412/2018 e Cass. 24721/2019; Cass. civ. Sez. III Ord., 07/06/2018, n. 14732) in una fattispecie analoga a quella in commento, ha chiarito che “il conferimento effettuato in favore del partner in pendenza di una relazione sentimentale non finalizzato al vantaggio esclusivo di quest’ultimo, ma alla formazione e poi alla fruizione di un progetto comune, non costituisce né una donazione né un’attribuzione spontanea in favore del solo soggetto che se ne è giovato, sicché detta elargizione non può sottostare alla disciplina propria delle obbligazioni naturali. Di conseguenza, venuto meno il rapporto sentimentale tra i due, potrà riconoscersi al depauperato il diritto a recuperare quanto volontariamente versato economicamente e materialmente per quella determinata finalità, in piena applicazione e nei limiti dei principi dell’indebito arricchimento di cui all’art. 2041 c.c.”

Per tutte queste ragioni, il giudice lombardo ha accolto la domanda attorea e condannato i convenuti alla restituzione delle predette somme per l’importo complessivo di € 157.719,92.

La redazione giuridica

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