Il proprietario dell’appartamento danneggiato dai lavori di ripristino della facciata ritiene responsabile il Condominio, in qualità di committente dei lavori di manutenzione.
Il Tribunale di Nola rigetta la domanda di risarcimento, accoglie quella riconvenzionale del Condominio svolta nei confronti della società edile esecutrice dei lavori e condanna quest’ultima al risarcimento dei danni.
Successivamente, invece, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 13/5/2022, accoglie in parte, condannando il Condominio e la società edile, in solido tra di loro, a pagare al danneggiato, a titolo di risarcimento dei danni, l’importo di 3.676,17 euro, oltre accessori e conferma la statuizione sulla domanda riconvenzionale del Condominio.
Il Condominio impugna in Cassazione
In sintesi, il Condominio sostiene che la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla eccezione di difetto di legittimazione attiva e di titolarità per mancanza di documentazione fiscale, nonché motivazione apparente, per essersi fatto richiamo al mero titolo di proprietà, nei confronti del danneggiato. Lamenta, anche, riferendosi alla CTU, che il consulente avrebbe desunto i danni subiti dall’appartamento dal materiale fotografico allegato alla perizia di parte, infine deduce l’errata individuazione del comportamento imputabile a esso Condomino, in quanto con l’appalto alla impresa edile sarebbe stata trasferito anche la custodia delle parti condominiali.
La Suprema Corte respinge tutte le censure (Cassazione civile, sez. III, 13/09/2024, n.24657). Riguardo la prova del danno e del nesso eziologico rispetto ai lavori di rifacimento delle facciate, oltre che riguardo alla corrispondenza dei danni accertati dal CTU rispetto agli elementi istruttori, la Corte di Napoli ha ritenuto di poter utilizzare non tanto la perizia di parte (prodotta dal danneggiato), ma il suo corredo fotografico, quale dato documentale.
In altri termini, i Giudici di appello non hanno valorizzato il contenuto tecnico della consulenza di parte, ma hanno solo utilizzato il materiale fotografico ivi allegato, trovandovi poi riscontro sul piano oggettivo (ossia, circa la corrispondenza delle lesioni ivi descritte a quelle indicate dall’attore come cagionate dai lavori), temporale (nel senso che dette lesioni erano sussistenti all’epoca di effettuazione dei lavori) ed eziologico (laddove il CTU ha ritenuto altamente probabile che le stesse fossero state causate proprio dai lavori). Il frutto dell’esame di tale materiale ha condotto la corte di Napoli a ritenere provato il nesso di causalità, con apprezzamento di merito, sulla base della regola del “più probabile che non”, in forza di ulteriori elementi istruttori desunti dalle prove testimoniali.
In buona sostanza, si tratta di una valutazione del materiale istruttorio che è di competenza esclusiva del Giudice di merito.
Ciò posto, la Cassazione ritiene corretto anche quanto stabilito in secondo grado circa la asserita inerzia del proprietario dell’immobile nella comunicazione e riparazione dei danni.
Responsabilità civile per danni da cose in custodia
In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno.
Tale principio ormai è del tutto pacifico. Ad ogni modo, la valutazione del giudice del merito sulla rilevanza causale esclusiva della condotta del leso è un tipico apprezzamento di fatto, incensurabile in Cassazione se scevro da quei soli vizi logici o giuridici ancora rilevanti ai fini del vizio motivazionale come tuttora denunciabile.
È evidente l’infondatezza di quanto censurato dal Condominio, perché la responsabilità ex art. 2051 c.c. è oggettiva e prescinde dalla colpa del custode. Non occorreva individuare il concreto comportamento colposo imputabile al Condominio, essendo sufficiente la prova della riferibilità causale dell’evento di danno alla res custodita, ferma e impregiudicata la possibilità per il Condominio-custode di andare esente da responsabilità provando il caso fortuito.
Sul “trasferimento del potere di fatto sulla cosa” in favore dell’impresa edile, non è stata fornita alcuna prova, e comunque, nel concreto, è corretta la motivazione fornita dai Giudici di appello, ovverosia che non sarebbe stato possibile attuarlo in quanto “le facciate del fabbricato per forza di cose debbono necessariamente restare nella materiale disponibilità del Condominio, anche durante l’esecuzione dell’appalto”.
Avv. Emanuela Foligno