I congiunti della donna, rimasta vittima di un incidente sulla autostrada avvenuto il 18 aprile 2012 tra la vettura Fiat e il camion Iveco, si rivolgono al Tribunale di Frosinone per ottenere il risarcimento dei danni. I convenuti ritengono che l’evento fosse da attribuirsi alla responsabilità esclusiva della danneggiata che, con la propria condotta, aveva determinato l’interruzione del nesso causale tra il comportamento negligente del conducente del camion ed il proprio decesso.
Il caso
Chiamati a giudizio il conducente del camion e la compagnia assicurativa Zurich Insurance. Viene dedotto che il mezzo Iveco, contravvenendo ad una diffida della Polizia Stradale di Frosinone, che gli aveva intimato di non circolare in ragione del danneggiamento di una ruota, si era rimesso comunque in marcia impegnando la corsia di emergenza a velocità ridotta, creando turbativa alla circolazione. La vittima aveva urtato il mezzo pesante nella parte posteriore e, a seguito dell’impatto, era deceduta.
I convenuti evidenziavano la esclusiva responsabilità della stessa vittima sia perché aveva tamponato da tergo il camion, sia perché si era posta alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti – cocaina pura – rinvenuta dai sanitari all’interno dei pantaloni della defunta.
Il Tribunale di Frosinone, avvalendosi della CT tossicologica disposta dalla Procura della Repubblica presso il medesimo Tribunale e considerato il provvedimento del GUP di Frosinone di non luogo a procedere nei confronti del conducente del camion perché il fatto non sussiste, riteneva che l’evento fosse da attribuirsi alla responsabilità esclusiva della danneggiata che, con la propria condotta, aveva determinato l’interruzione del nesso causale tra il comportamento negligente del conducente del camion ed il proprio decesso.
La Corte d’Appello di Roma ha confermato quanto accertato in primo grado in relazione alla condotta della vittima che, immettendosi senza precauzioni nella corsia di emergenza, l’aveva percorsa senza neppure rispettare la distanza di sicurezza rispetto al camion antistante. Conseguentemente ha confermato che la condotta della vittima aveva assorbito interamente il nesso di causalità con il sinistro, escludendo pertanto sia l’applicabilità dell’art. 2054, 2° comma c.c., sia qualunque concorso di colpa del conducente del veicolo antagonista.
Il ricorso in Cassazione
La Corte di Cassazione conferma le statuizioni di merito e dichiara il ricorso inammissibile (Cassazione Civile, sez. III, 17/05/2024, n.13798).
Le censure dei congiunti della vittima sono inammissibili per difetto di specificità e di determinatezza: sia nell’esposizione del fatto, sia nell’illustrazione della censura, si omette di individuare la motivazione della sentenza poste a censura, limitandosi a menzionare solo dei passaggi che non consentono però di ricostruire la motivazione criticanda.
Infatti, a titolo esemplificativo, a p. 3 del ricorso vi è un breve inciso della sentenza secondo cui “la domanda non può essere accolta. In primo luogo occorre premettere che la presunzione di pari responsabilità di cui all’art. 2054 c.c. specialmente quando il sinistro possa dirsi completamente ricostruito, ben possa essere superata, anche implicitamente dalla sussistenza della responsabilità esclusiva dell’altro conducente“. Tale inciso è privo di autonoma consistenza motivazionale in quanto costituisce la sola premessa di un successivo ragionamento del Giudice, che rimane ignoto, sicché non è dato comprendere se quello che viene esposto come primo motivo di censura sia pertinente o meno.
Error in procedendo
La Cassazione evidenzia che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche puntualmente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, dovendo tale specificazione essere contenuta, a pena d’inammissibilità, nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso.
Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di precisare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto al giudice d’appello, riportandone il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità, non potendo limitarsi a rinviare all’atto di appello (Cass., 1, n. 24048 del 6/9/2021).
Avv. Emanuela Foligno