I camici bianchi sono accusati del decesso di un uomo di 42 anni, morto nel 2017 per una infezione da streptococco dopo due accessi in Pronto soccorso

Si è aperto a Piacenza il processo che vede imputati per omicidio colposo tre medici del Pronto Soccorso del capoluogo di provincia emiliano. I camici bianchi erano finiti sotto inchiesta in seguito al decesso di un 42enne, morto – in base a quanto appurato dall’autopsia – per un arresto cardiaco correlato a infezione da streptococco.

I fatti- come riporta il Piacenza – risalgono al 2017. Nei giorni antecedenti il decesso l’uomo, reduce da un intervento al naso e da una terapia antibiotica, aveva accusato un fortissimo dolore ad un gomito e a una gamba. La compagna lo aveva accompagnato in ospedale, a Fiorenzuola, dove, in seguito alla fasciatura del braccio, era stato dimesso con la diagnosi di “artrosinovite”. Nelle ore successive, tuttavia, le sue condizioni sarebbero peggiorate e la coppia aveva deciso di tornare in Pronto soccorso, questa volta a Piacenza, dove il paziente sarebbe stato visitato due medici che avrebbero entrambi confermato la diagnosi dei colleghi di Fiorenzuola.

Il 42enne, quindi sarebbe stato dimesso perché non sarebbero state ravvisate particolari criticità. L’indomani, al persistere dei dolori, la compagna lo avrebbe portato in ambulatorio dal proprio medico di base. La dottoressa, sospettando una infezione in corso, avrebbe chiamato il 118 e l’uomo sarebbe stato subito ricoverato. Nelle ore successive era sopraggiunto il decesso.

In seguito alla denuncia dei familiari la Procura aveva aperto un’inchiesta sul caso e il sostituto procuratore titolare del fascicolo aveva disposto il sequestro della documentazione clinica e lo svolgimento dell’esame necroscopico, iscrivendo nel registro degli indagati i camici bianchi poi finiti a processo. Il Pm per due volte aveva chiesto l’archiviazione delle loro posizioni non ravvisando un nesso causale tra il loro comportamento e la morte del paziente. Secondo l’ipotesi accusatoria dei parenti, invece, ci sarebbero stati tutti gli elementi per diagnosticare in tempo quanto stava accadendo al 42enne.

Il Gip alla fine ha disposto l’imputazione coatta. Nel processo si è costituita parte civile la compagna della vittima, la quale – riferisce il Piacenza – avrebbe rigettato, perché ritenuta insufficiente, un’iniziale proposta risarcitoria da parte dell’azienda ospedaliera, chiedendo il giusto risarcimento dei danni subiti in virtù del rapporto di stabile convivenza con l’uomo. La famiglia del defunto, invece, è stata già risarcita.

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