Il Tribunale di Novara ha statuito la penale responsabilità del proprietario dell’immobile che richiedeva lavori di giardinaggio. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 24 febbraio 2023, ha confermato la affermazione della penale responsabilità del proprietario dell’immobile per aver cagionato lesioni ai due fratelli giardinieri incaricati di potare 2 piante, per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e in violazione delle norme in materia di infortuni sul lavoro.
Nel giardino c’era una piattaforma elevabile, dotata di un cestello che consentiva di portarsi in quota che si ribaltava facendo cadere a terra i due fratelli che erano all’interno del cestello.
I Giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto che l’infortunio sia stato reso possibile dalla condotta del proprietario del giardino che, quale datore di lavoro “di fatto”, chiese di salire sul cestello e lo portava in quota senza prima estrarre gli stabilizzatori della piattaforma elevabile che, per questo, si ribaltava.
Il giudizio di Cassazione
Rileva il ricorrente che, dando credito alle dichiarazioni della persona offesa e di suo fratello, la sentenza impugnata non ha tenuto conto dell’apporto scientifico fornito dal consulente tecnico di parte il quale ha chiarito. In primo luogo, che per manovrare il cestello da terra, l’imputato non avrebbe potuto collocarsi nella posizione indicata dai due fratelli. In secondo luogo, che la piattaforma elevabile è dotata di un sistema di sicurezza che impedisce di sollevare il cestello se gli stabilizzatori non sono estratti, sicché il ribaltamento non può essere stato determinato dalla violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 71, ma troverebbe origine in un improvviso e imprevedibile cedimento del terreno.
La S.C. dà atto che la sentenza impugnata, pur appurando che la piattaforma elevabile non era stata oggetto di regolare manutenzione, non chiarisce se il malfunzionamento dei microprocessori sia stato specificamente accertato. Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. maturate, come nel caso di specie, in epoca successiva al provvedimento impugnato.
In particolare, sussistono i presupposti per rilevare l’intervenuta estinzione del reato per decorso del termine di prescrizione.
Tuttavia, non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129 c.p.p., comma 2, non potendosi constatare con evidenza dagli atti l’insussistenza del fatto-reato.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione (Cassazione penale, sez. IV, dep. 29/12/2023, n. 51600).
Avv. Emanuela Foligno