Vietato utilizzare il contenuto delle intercettazioni tra cliente e difensore. Ma solo se riguarda i colloqui professionali.

Con la sentenza n. 24451/2018, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti sulle intercettazioni tra avvocato e cliente. Nello specifico, i giudici hanno precisato che è vietato utilizzare il risultato delle intercettazioni telefoniche tra cliente e avvocato. Ma, precisano i giudici, solo se il colloquio riguarda le funzioni difensive.

Ciò in quanto il divieto d’intercettare conversazioni tra cliente e avvocato sancito dall’art 103 c.p.p è previsto per tutelare il diritto di difesa.

La vicenda

Nel caso di specie, i ricorrenti, dopo essere stati condannati in primo e secondo grado per il reato di estorsione, hanno fatto ricorso in Cassazione. Nei precedenti gradi di giudizio, erano stati ritenuti inutilizzabili i contenuti delle intercettazioni tra avvocato e cliente. Nello specifico, si trattava del precedente difensore e di uno degli imputati.

Secondo l’avvocato, tuttavia, “tale conversazione, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, non avrebbe contenuto amicale, ma professionale”. Non rilevando il fatto che “il mandato defensionale non fosse stato conferito e che l’imputato non fosse all’epoca iscritto nel registro degli indagati”.

Ebbene, la Corte di Cassazione, a riguardo ha stabilito quanto segue.

“Il divieto di intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni dei difensori non riguarda indiscriminatamente tutte le conversazioni di chi riveste tale qualifica, e per il solo fatto di possederla, ma solo le conversazioni che attengono alla funzione esercitata, in quanto la “ratio” della regola posta dall’art. 103 cod. proc. pen., va rinvenuta nella tutela del diritto di difesa”.

Nel caso delle intercettazioni tra avvocato e cliente, legati da uno stretto rapporto di amicizia, la Corte ha ritenuto necessario che il giudice del merito dovesse valutare alcuni aspetti per la loro utilizzabilità.

In primis, se quanto detto dall’indagato fosse finalizzato ad ottenere consigli professionali. O se, invece, si trattasse di uno scambio di confidenze con un amico. In secondo luogo, occorreva stabilire se quanto detto dall’avvocato avesse natura professionale oppure amicale.

I giudici di merito di entrambi i gradi di giudizio hanno valutato che la conversazione censurata non avesse un contenuto professionale. Bensì, decisamente amicale.

Pertanto, la valutazione effettuata dai giudici non viene modificata dalle doglianze difensive.

Queste ultime, infatti, erano orientate a qualificare il contenuto della conversazione come professionale.

E questo, scrivono i giudici, “nonostante la stessa si fosse risolta per stessa ammissione difensiva nella apprensione del problema e nella indicazione di un professionista competente per gestire la situazione processuale”.

 

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