La decisione a commento trae origine dal triplice investimento del pedone cui viene attribuito il concorso colposo nella misura del 40%.
La vittima, nell’attraversare la strada, veniva investita dal veicolo condotto da C.A. (assicurato da Generali Italia s.p.a.) e, sbalzata sull’opposta corsia di marcia, veniva altresì investita dall’autovettura condotta da R.S.L. (assicurata dalla Aurora s.p.a.) e successivamente da quella condotta da M.R. (e assicurata dalla Fondiaria Sai s.p.a.).
La Corte di appello ha evidenziato che la responsabilità del sinistro dovesse essere attribuita alla condotta di guida di C.A. in una misura pari al 60% (dovendo attribuirsi il residuo 40% alla responsabilità della vittima), tanto desumendosi dai contenuti della sentenza pronunciata ad esito del giudizio penale.
Il vaglio della Cassazione
L’assicurazione propone ricorso in Cassazione lamentando la mancata applicazione dell’art. 2054 c.c. e la mancata dimostrazione che gli altri due conducenti dei veicoli investitori avessero fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Le censure vengono respinte perché infondate (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 25 luglio 2024, n. 20768).
La responsabilità del conducente coinvolto in un investimento di un pedone, pur essendo presunta, può essere tuttavia esclusa, non solo quando l’investitore abbia fornito la prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, ma anche quando risulti con certezza, dalle modalità del fatto, che non vi era alcuna reale possibilità di evitare, da parte sua, l’incidente, purché egli non sia incorso nella violazione di norme specifiche incidenti con nesso di causalità sul sinistro.
In buona sostanza, l’insussistenza di alcun nesso di causalità tra il danno provocato dall’investimento e il comportamento stradale del conducente esclude ogni responsabilità di quest’ultimo, attesa l’impossibilità, da parte sua, di evitare l’investimento di un pedone, al di là dell’eventuale adozione di ogni possibile cautela comportamentale (sempre che tale cautela non sia valsa a incidere sul nesso di causalità).
Il nesso causale
Sul punto i Giudici di appello hanno rilevato come il secondo veicolo si è trovato, all’improvviso, la donna proiettata nella propria corsia di marcia, senza poter attivare alcuna manovra di emergenza. La circostanza emerge dalla relazione del CTU nominato dal Giudice penale ed utilizzata dal tribunale civile (“il contatto tra autovettura e pedone o fu di striscio specificatamente con il fascione anteriore… si trovava già a terra o in caduta e quindi tale da non essere evitata dal conducente dell’autovettura Peugeot 205“). Ancora, nella sentenza del giudice penale si legge che “i danni riportati dal terzo veicolo … anche il C. era alla guida di una Peugeot – (rottura del solo fascione anteriore sotto il faro anteriore sinistro, rimasto integro) … evidenziano che… il corpo del pedone sbalzato da destra verso sinistra… non era in terra perché in tal caso l’urto avrebbe determinato danni anche al di sotto del fascione”.
I suddetti passaggi sono stati utilizzati dai Giudici di merito perché compatibili con la ricostruzione offerta dal conducente del secondo veicolo durante l’interrogatorio formale e sono sfociati nella – corretta – considerazione che le condotte di guida del secondo e terzo conducente non esercitavano alcuna efficacia causale nella determinazione del danno, con la conseguente irrilevanza di alcun problema di valutazione della relativa condotta di guida in termini di colpa.
In altri termini, la valutazione dell’eventuale carattere colposo della condotta di guida degli altri due conducenti (o l’eventuale accertamento negativo della mancata adozione, da parte degli stessi, di tutte le cautele idonee ad evitare il danno) è assolutamente irrilevante, poiché il Giudice d’appello, costatata l’impossibilità di evitare il danno, ha ritenuto che la condotta di guida dei due conducenti (il R. e il M.) non svolgeva alcuna efficacia causale sulla determinazione del danno, essendosi quest’ultimo rivelato materialmente inevitabile.
Avv. Emanuela Foligno