Ischemia acuta agli arti inferiori e paralisi (Tribunale Cosenza, Sentenza n. 1235/2022 pubbl. il 23/06/2022).

Ischemia acuta agli arti inferiori con paralisi e decesso del paziente.

I congiunti del paziente deceduto deducono la responsabilità medica sia in capo all’Ospedale di Soverato che in capo all’Ospedale di Cosenza.

Espongono, in particolare, che il 19.8.2017 la congiunta, affetta da diabete mellito tipo 2, stante la comparsa di sintomatologia algica generalizzata accompagnata da ipostenia degli arti inferiori e sensibilità e in sospetto di ischemia acuta, veniva trasportata presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Soverato, dove era sottoposta ad una serie di esami strumentali e di laboratorio, all’esito dei quali era dimessa con diagnosi di ipostenia arti inferiori.

A distanza di tre ore, tuttavia, le condizioni peggioravano e veniva trasportata presso l’Ospedale di Cosenza, dove veniva ricoverata presso l’UOC di chirurgia vascolare, con diagnosi di ingresso di ischemia acuta arti inferiori con paralisi degli stessi su probabile base ischemica, con ipotermia gambe, con marezzatura, quale alterazione che presumibilmente sussisteva già in occasione dell’accesso presso il PO di Soverato. La donna veniva  immediatamente sottoposta a intervento chirurgico di disostruzione aorto -iliaca con tecnica di Fogarty sotto controllo angiografico, ma le sue condizioni, anche in ragione del mancato approccio diagnostico -terapeutico volto a contrastare la rabdomiolisi già in atto, peggioravano fino al decesso.

All’esame radiografico del torace non erano evidenti alterazioni pleuro – parenchimali a focolaio in atto. Veniva, però, rilevato ispessimento dell’interstizio polmonare. Alla visita chirurgica veniva segnalata una addominalgia. La paziente presentava una insufficienza respiratoria. L’addome era globoso per adipe e modicamente dolente all’ipocondrio destro in regione dorsale ma non erano apprezzabili segni di difesa. Si consigliava di praticare terapia con broncodilatatori, antispastici ed eventuale ricovero considerata la priorità della situazione clinica. Completata la prima valutazione veniva somministrata terapia con Spasmex due fiale in 200 cc di soluzione fisiologica, Ranitidina 50 mg una fiala, Toradol una fiala in 100 cc di soluzione fisiologica, Bentelan da 4 mg. All’esame radiografico della colonna lombosacrale veniva segnalata la frattura composta del soma di L1 . Era, quindi, richiesta ed eseguita la visita ortopedica, che non offriva elementi idonei a giustificare l‘impotenza funzionale degli arti inferiori lamentata dalla paziente. L’esame TC dell’encefalo documentava la non evidenza di alterazioni tomo densitometriche in atto del parenchima encefalico. risa lente al 26/7/2017, nel corso del quale era stata diagnosticata una insufficienza respiratoria acuta su cronica in paziente con bronco -pneumopatia cronico ostruttiva riacutizzata, cuore polmonare cronico, ipertensione polmonare, diabete mellito tipo due, l ieve insufficienza renale, colelitiasi, nefrolitiasi, ulcera gastrica anamnestica. La paziente veniva dimessa dal Pronto Soccorso dell’Ospedale di Soverato nella stessa data del 19.08.2017 alle ore 20:48 con diagnosi di ipostenia degli arti inferiori.

Alle ore 1:00 del 20.08.2017 la paziente, non migliorando le sue condizioni era ricoverata presso l’UOC di chirurgia vascolare dell’Ospedale di Cosenza con diagnosi di entrata ischemia acuta degli arti inferiori con paralisi degli stessi su probabile base ischemica. La paziente veniva, quindi, condotta in sala operatoria per Aortografia + disostruzione aorto iliaca secondo Fogarty sotto controllo fluoroscopio e/o rivascolarizzazione endovascolare con stent aorto iliaco.

Nella data del 21.08.2017 la paziente lamentava dolore nonostante la terapia antalgica e il medico di turno s omministrava una fiala di morfina sotto cute. Dopo tale trattamento la paziente riposava ma nel corso della giornata ripresentava dolore e senso di nausea, con somministrazione di nuovi antidolorifici. I parametri vitali apparivano comunque stabili;

Nella data del 22.08.2017 le condizioni della paziente prendevano a peggiorare, registrandosi un quadro di insufficienza renale acuta. Alle ore 18:00 la paziente era sottoposta a trattamento dialitico, per poi essere trasportata nel reparto di rianimazione. Qui i parametri vitali si mantenevano al di sotto della norma per tutto il periodo notturno, fino al decesso registrato alle ore 7:10 del 23 agosto 2017.

Gli attori ascrivono la morte del familiare a condotte colpose dei sanitari sia presso il PO di Soverato quanto presso quello di Cosenza. Con riferimento ai sanitari di Soverato, la CTU svolta in corso di causa, pur evidenziando profili di colpa quantomeno sub specie di omessa prescrizione di una visita neurologica, che avrebbe verosimilmente evidenziato la presenza di un evento ischemico già in atto, ha escluso la sussistenza di un nesso di causalità con l’evento morte, posto che la paziente, anche in presenza di diagnosi di ischemia acuta, avrebbe dovuto, comunque, essere trasportata presso un Ospedale dotato di un’Unità Operativa di Neurologia, dove si portava da sola dopo circa quattro ore.

Diversa valutazione è stata effettuata dai CTU con riferimento alla condotta dei sanitari della Struttura di Cosenza: “ Ferma la correttezza dell’approccio chirurgico di disostruzione arteriosa – in presenza di paziente diabetica vasculopatica con gambe fredde e marezzate, immobili e con anestesia, ed ecodoppler documentante l’assenza di flusso arterioso a livello delle arterie tibiali ma non degli assi femorali – si è osservato da un lato che in cartella clinica non risulta una compiuta descrizione dell’intervento chirurgico a cui era sottoposta subito dopo il ricovero, dall’altro e in ogni caso che connotata da negligenza e imperizia era stata anche l’assistenza nel decorso post -operatorio, in quanto malgrado il dolore agli arti inferiori costantemente lamentato dalla paziente sino alla morte e malgrado l’alterazione degli indici laboratoristici indicativi di danno muscolare, infezione e danno multi organo, non veniva eseguito alcun esame strumentale per lo studio del circolo arterioso, né proposto alcun re -intervento, né praticata una fasciotomia o, al limite, una amputazione quale trattamento salva -vita. Malgrado, inoltre, il neurologo, in sede di consulenza, prescrivesse l’esecuzione di una risonanza magnetica del midollo lombare, tale esame mai veniva effettuato. La sintomatologia dolorosa lamentata dalla paziente era, in altri termini, trattata solo con la somministrazione di antidolorifici, senza l’esecuzione di esami diagnostici che consentissero di individuarne la eziologia e l’indicazione ad eventuale reintervento disostruttivo o di amputazione quale intervento salvavita estremo. Di contro, la persistenza della sintomatologia dolorosa era indice dell’insuccesso dell’intervento chirurgico posto in essere per rimediare alla ischemia acuta, posto che l’effetto primario di una rivascolarizzazione a cui mirava l’operazione – è la ripresa del flusso con ripresa della ossigenazione, la attenuazione / scomparsa del dolore ischemico ed il mantenimento della integrità dei tessuti. ….(….) l’evento morte – secondo il criterio del più probabile che non è da ricondurre all’errato trattamento intraoperatorio dell’ ischemia acuta degli arti inferiori ed alla omessa esecuzione di esami diagnostici post operatori che, se eseguiti, avrebbero consentito di attuare terapie alternative salva vita.”

Per tali ragioni viene affermata la responsabilità dell’Azienda Sanitaria di Cosenza in ordine al verificarsi del decesso della paziente.

Invece, rispetto alle domande avanzate nei confronti della struttura di Soverato, gli attori, sulla scorta degli esiti della CTU, in sede di conclusionale rinunziavano alla relativa domanda.

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Avv. Emanuela Foligno

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