L’associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto (Amica) chiede al Ministro Lorenzin «che l’aborto possa svolgersi in regime di day hospital nei poliambulatori e nei consultori, in grado di somministrare farmaci per l’interruzione della gravidanza».

Di seguito la lettera al Ministro delle Salute Beatrice Lorenzin:

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Gentile  Ministra Lorenzin,

Lei  sostiene – a  nostro avviso giustamente-  che  il concetto di appropriatezza si ponga ormai al centro delle politiche sanitarie nazionali, regionali e locali, costituendo la base per compiere le scelte migliori, sia per il singolo paziente che per l’intera collettività: il ricorso inappropriato alle prestazioni rappresenta infatti un fattore di notevole criticità, in grado di minare alle fondamenta la sostenibilità e l’equità del sistema.” Secondo le valutazioni del Dicastero da Lei diretto, evitare l’inappropriatezza nelle prescrizioni e nelle prestazioni potrebbe portare ad un risparmio di oltre 10 miliardi di euro.

Vogliamo allora richiamare la Sua attenzione su una grossolana inappropriatezza, che pesa significativamente sulle casse del  nostro Sistema Sanitario Nazionale e che riguarda l’applicazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, con particolare riferimento al metodo farmacologico. Come Lei  sa nel nostro paese dopo il 2009 è possibile interrompere una gravidanza indesiderata con il metodo farmacologico entro la settima settimana di amenorrea. Poiché la legge 194 raccomanda “la promozione delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza” (art. 15) tale metodo va favorito in alternativa alla procedura chirurgica, poiché sicuro e considerato tra i metodi di scelta per le IVG nelle prime settimane di gravidanza da tutte le più importanti linee guida internazionali.

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In molti Paesi del mondo le “pillole abortive” vengono dispensate in regime ambulatoriale, in strutture analoghe ai nostri consultori o addirittura dai medici di medicina generale: in Francia (ma non solo) dal 2004 esiste una rete sanitaria “medico curante-ospedale” rete finanziata con fondi pubblici che permette di effettuare una IVG farmacologica al di fuori della struttura ospedaliera.

Questo dovrebbe essere possibile anche in Italia la legge 194 del 1978 prevede  che: “Nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati, dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione. (art.8).

Nel 2010 il Consiglio Superiore di Sanità, su richiesta del Ministero della Salute e in assoluta discordanza con i dati di evidenza scientifica, ha sostenuto in ben tre pareri,che l’interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico deve essere eseguita in regime di ricovero ordinario, “fino alla verifica della completa espulsione del prodotto del concepimento”. In altre parole:  per assumere due farmaci si prevede un ricovero di almeno di tre giorni.

Non essendo il parere del Consiglio Superiore di Sanità vincolante, alcune Regioni hanno adottato il regime di ricovero in Day Hospital per la procedura farmacologica di IVG, seguendo un criterio di maggiore appropriatezza sia clinica che organizzativa dal momento che è appropriato il setting assistenziale che arreca migliore o identico beneficio al paziente con minor impiego di risorse.

In questi anni i dati sull’IVG farmacologica riportati dal suo stesso Ministero confermano che le donne che vi si sono sottoposte  hanno scelto nella stragrande maggioranza le dimissioni volontarie dall’ospedale,senza che questo abbia comportato un aumento delle complicazioni. Tali dati sono sovrapponibili a quelli riportati nel resto del mondo, dove la procedura viene eseguita per la gran parte in regime ambulatoriale. Perché dunque in Italia dobbiamo ancora occupare un letto ospedaliero quando non vene è necessità?

Gentile Ministra Lorenzin, in virtù dello sforzo cui Lei chiama tutti noi, medici e cittadini, al fine di migliorare l’appropriatezza delle prestazioni, Le chiediamo di adoperarsi per rendere accessibile l’interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico in regime di Day Hospital e, quando possibile, nei consultori familiari e nei poliambulatori, come previsto dall’articolo 8 della legge 194. Le risorse finanziarie così risparmiate potrebbero entrare a far parte degli investimenti da Lei stessa auspicati, fra tutti il potenziamento della rete dei consultori e un più facile accesso alla contraccezione, onde evitare le gravidanze indesiderate e concretamente  il ricorso all’aborto.

Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto (AMICA)

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