La notifica del decreto di citazione al difensore di ufficio, effettuata a norma dell’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, è inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato e, pertanto, dà luogo a una nulla assoluta e insanabile

L’omessa notifica all’imputato del decreto di citazione a giudizio

Con sentenza emessa nel novembre 2018, la Corte d’appello di Lecce aveva confermato la penale responsabilità dell’imputato in ordine ad alcuni reati edilizi e lo aveva condannato alla pena di sette mesi di arresto e di 15.000,00 Euro di ammenda.Tramite il proprio difensore di fiducia l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando con un unico motivo, la violazione di legge in riferimento agli artt. 157 e 179 c.p.p., avendo riguardo alla nullità del giudizio di appello per omessa notifica del decreto di citazione a giudizio all’imputato.

Ed invero, sia il decreto di citazione per il giudizio di appello che il successivo avviso di rinvio di udienza erano stati notificati al solo difensore, a norma dell’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, sebbene lo stesso fosse un difensore di ufficio e non di fiducia, come invece richiesto dalla disposizione appena citata. Aggiungeva, al riguardo, la difesa di aver eccepito nel corso di una udienza, la mancata notifica all’imputato e la necessità di tale adempimento, stante la mancata nomina di un difensore di fiducia ed osservava altresì, che tale nullità era assoluta ed insanabile, perché aveva determinato la mancata conoscenza della notificazione da parte dell’imputato.

La Terza Sezione Penale della Cassazione (sentenza n. 2196/2020) ha accolto il ricorso perché fondato.

La questione della natura della nullità derivante dalla notifica del decreto di citazione in appello al difensore di ufficio, a norma dell’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, risulta oggetto di soluzioni divergenti in giurisprudenza.

Secondo l’opinione prevalente, la notificazione all’imputato del decreto di citazione in appello eseguita presso il difensore d’ufficio ai sensi dell’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, deve considerarsi omessa e determina una nullità assoluta ed insanabile, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio anche dal difensore che ha ricevuto la notifica, poiché la qualità del rapporto intercorrente tra questi e l’imputato non consente alcuna presunzione fisiologica di concreta conoscenza da parte del secondo (così Sez. 2, n. 1860 del 13/03/2019, e Sez. 6, n. 8150 del 29/02/2012).

Secondo un’altra pronuncia, invece, la notificazione all’imputato del decreto di citazione in appello, eseguita ai sensi dell’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, presso il difensore di ufficio, determina, se l’interessato non “rappresenta” con elementi idonei la mancata conoscenza dell’atto, una nullità a regime intermedio che è sanata se non tempestivamente eccepita nel corso del giudizio d’appello (Sez. 5, n. 2818 del 24/11/2014).

Ebbene, con la sentenza in commento gli Ermellini hanno inteso aderire alla prima soluzione, osservando che la notificazione del decreto di citazione al difensore di ufficio, effettuata a norma dell’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, deve reputarsi, già “in astratto”, inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato.

L’indirizzo condiviso dalla Corte di Cassazione

Ed invero, secondo un principio generale, ampiamente consolidato nella giurisprudenza di legittimità, la notificazione della citazione dell’imputato deve considerarsi omessa, a norma dell’art. 179 c.p.p., con conseguente nullità assoluta ed insanabile di cui all’art. 179 c.p.p., comma 1, rilevabile dal giudice di ufficio in ogni stato e grado del processo, quando l’adempimento, per le sue modalità di esecuzione, appare in astratto o risulta in concreto inidoneo a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte del destinatario (Sez. U, n. 119 del 27/10/2004).

Ciò posto, il procedimento notificatorio al difensore di ufficio per conto dell’imputato a norma dell’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, appare anche in astratto inidoneo a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte di quest’ultimo, perché, da un lato, la disposizione appena citata si fonda proprio sulla specificità del rapporto tra difensore di fiducia ed imputato, e, dall’altro, non è possibile ipotizzare in via generale, secondo criteri logicamente e normativamente accettabili, l’effettività del rapporto tra imputato e difensore di ufficio.

Il rapporto fiduciario tra imputato e difensore di fiducia

A sostegno della proprio decisione ed in particolare, in ordine alla specialità del rapporto tra difensore di fiducia ed imputato quale fondamento giustificativo della disposizione di cui all’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, il Supremo Collegio ha richiamato la giurisprudenza costituzionale e di legittimità.

Il Giudice delle Leggi, in effetti, ha escluso che l’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, possa ritenersi in contrasto con i principi di cui all’art. 24 Cost., e art. 111 Cost., comma 3, proprio in ragione del “rapporto fiduciario” tra imputato e difensore di fiducia (Corte Cost., n. 136 del 2008). In particolare, si è osservato che la norma in questione “si ispira all’esigenza di bilanciare il diritto di difesa degli imputati e la speditezza del processo, semplificando le modalità delle notifiche e contrastando eventuali comportamenti dilatori e ostruzionistici. La scelta del legislatore è caduta sulla valorizzazione del rapporto fiduciario tra l’imputato ed il suo difensore, fermo restando che il primo atto del procedimento deve essere notificato comunque nelle forme ordinarie. Tale scelta non è lesiva dei diritti dell’imputato, in quanto la nomina del difensore di fiducia implica l’insorgere di un rapporto di continua e doverosa informazione da parte di quest’ultimo nei confronti del suo cliente, che riguarda ovviamente, in primo luogo, la comunicazione degli atti e delle fasi del procedimento, allo scopo di approntare una piena ed efficace difesa”.

La giurisprudenza di legittimità

Anche la giurisprudenza di legittimità, nell’elaborazione delle Sezioni Unite, esaminando il tema dei rapporti tra la disciplina sulla elezione e dichiarazione di domicilio e quella di cui all’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, ha evidenziato come questa disposizione abbia come suo fondamento giustificativo proprio l’esistenza di un legame fiduciario tra imputato e difensore (Sez. U, n. 58210 del 22/06/2017): “La fattispecie di cui all’art. 157, comma 8 bis, – si è detto – si fonda del resto sulla stessa condotta dell’imputato che, ricevuta la prima notifica, ha nominato un difensore di fiducia allo scopo di esercitare il proprio diritto di difesa, ma non ha eletto o dichiarato domicilio; e non è applicabile tutte le volte che muta il luogo di notificazione, in quanto eletto o dichiarato a norma dell’art. 161″ .

Il (diverso) rapporto tra imputato e difensore d’ufficio

Diversamente, per quanto attiene al rapporto tra imputato e difensore di ufficio, ed alla impossibilità di fondare soltanto su di esso una accettabile presunzione di conoscenza, è stato sufficiente richiamare l’art. 162 c.p.p., in tema di dichiarazione ed elezione di domicilio, che al comma 4 bis, introdotto dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, dispone: “L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatario”.

Ebbene, nel caso in esame, la notificazione all’imputato del decreto di citazione in appello era stata eseguita proprio presso il difensore d’ufficio, ai sensi dell’art. 157 c.p.p., comma 8 bis. La stessa, quindi, in applicazione del principio giuridico indicato, doveva ritenersi omessa.

La rilevata nullità della citazione per il giudizio di appello ha imposto quindi, l’annullamento della sentenza impugnata senza rinvio per prescrizione.

La redazione giuridica

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