La responsabilità della scuola materna per l’infortunio dell’alunno

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responsabilità della scuola materna

I genitori del bambino invocano la responsabilità della scuola materna e la condanna al risarcimento dei danni subiti dal minore a causa di una violenta caduta (Cass. Civ., Sez. III, Ordinanza n. 36723 del 25 novembre 2021)

La vicenda finisce in Cassazione ove viene sancito che “tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico nell’ambito del quale l’insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona”.

La Struttura deduceva che l’incidente veniva causato da un evento improvviso e che non poteva essere evitato dal controllo dell’insegnante.

Il Tribunale di Cosenza, all’esito di CTU medico-legale e di prove testimoniali, con sentenza n. 1888/2016, rigettava la domanda, ritenendo che, dagli elementi acquisiti in giudizio, doveva desumersi che l’insegnante non avesse potuto impedire il fatto in considerazione del comportamento anomalo, improvviso ed imprevedibile del bambino.

La Corte d’Appello di Catanzaro, adita dai soccombenti, disponeva il rinnovo della CTU e, all’esito, con sentenza n. 1407 del 2019, in riforma della impugnata sentenza, accoglieva la domanda ritenendo che l’evento dannoso si fosse verificato per l’esclusiva responsabilità della scuola materna, e specificamente dell’insegnante, la quale non aveva adeguatamente vigilato sul minore e non aveva pertanto adottato tutte le misure idonee ad evitare il verificarsi dell’evento.

La Struttura ricorre in Cassazione dolendosi del fatto che la Corte territoriale fosse incorsa in un vizio di sussunzione, avendo ricondotto la fattispecie nell’ambito della previsione di cui all’art. 2048 c.c., anziché in quello della responsabilità contrattuale, regolata dall’art. 1218 c.c.

Inoltre, con il secondo motivo di ricorso lamenta violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per un verso, prospetta la violazione delle norme sull’onere della prova, e ciò in quanto gli appellanti non avrebbero adeguatamente provato la sussistenza del nesso di causalità tra l’evento e il danno; per altro verso, lamenta la violazione del principio della disponibilità delle prove, in quanto il giudice di merito avrebbe “omesso di considerare dati fondamentali, quali la riconosciuta e confermata assenza del gabbiotto in alluminio che avrebbe cagionato il danno al bambino”.

Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale abbia ritenuto accertata la propria responsabilità nonostante non sia stata raggiunta la prova in ordine alla responsabilità dell’insegnante ed al nesso di causalità tra l’omessa sorveglianza ed il sinistro. In particolare, muovendo da una generale contestazione della dinamica del fatto così come ricostruita nell’impugnata sentenza, assume che la Struttura non avrebbe potuto essere ritenuta responsabile dell’occorso, in considerazione della repentinità del fatto e dell’assenza di prova in ordine al difetto di vigilanza dell’insegnante nonché in ordine all’omessa adozione, in via preventiva, di misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare una situazione di pericolo.

Secondo gli Ermellini il ricorso è infondato.

Difatti viene evidenziato che “in tema di danno cagionato dall’alunno a se stesso, la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante non ha natura extracontrattuale bensì contrattuale, atteso, quanto all’istituto scolastico, che l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso; e che, tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico nell’ambito del quale l’insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona”.

In applicazione di tali principi, quindi, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione, nei confronti dell’istituto scolastico è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 c.c..

Ne consegue che l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre sulla Struttura incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola, né all’insegnante (SS.UU., n. 9346/2002).

Ad ogni modo, sottolinea la Suprema Corte, ai fini del regime probatorio applicabile, è indifferente che venga invocata la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie, ovvero la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza, il motivo incorre nella declaratoria di inammissibilità per difetto di interesse, dovendo all’uopo essere richiamato il principio secondo cui il motivo di impugnazione con cui si deduca la violazione di norme giuridiche priva di qualsivoglia influenza in relazione alle domande proposte, e che sia diretta, quindi, all’emanazione di una pronuncia senza rilievo pratico, risulta inammissibile (Cass., Sez. ord. n. 12678/2020).

Nel caso esaminato la Corte d’Appello ha accertato che l’insegnante non si avvicinava per afferrare il bambino, né si attivava per fermare la sua corsa, a fronte di un comportamento del bambino altamente prevedibile in considerazione della sua tenera età e delle sue condizioni psico-fisiche.

Corretta, quindi, la decisione della Corte d’Appello, il ricorso viene rigettato perché inammissibile.

Avv. Emanuela Foligno

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