Un acquirente scopre anni dopo la compravendita di un immobile che i venditori erano titolari del solo diritto di superficie. Accusa il notaio di non aver verificato la reale situazione giuridica del bene e chiede il risarcimento. Dopo le pronunce di merito, la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, confermando la responsabilità professionale del notaio (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 29 giugno 2025, n. 17469).
La vicenda
La parte asseritamente danneggiata aveva stipulato un contratto di compravendita inerente un immobile in Oristano per il prezzo di Euro 115.000. Anni dopo tale stipula veniva a conoscenza che i suoi danti causa, in realtà, erano titolari del solo diritto di superficie.
Apprendeva, poi, che con delibera del 18 dicembre 2014 del Consiglio comunale di Oristano era stata adottata la “cessione in proprietà di aree PEEP concesse in diritto di superficie, rimozione vincolo relativo alla determinazione del prezzo massimo di cessione di singole unità abitative e loro pertinenze, rimozione dei vincoli ai sensi dell’articolo 35 della Legge n. 865 del 1971, riapertura termini”. Pertanto, l’immobile era stato realizzato su un terreno di proprietà esclusiva del Comune e il diritto sull’area di sedime era pervenuto all’Istituto Autonomo Case Popolari in virtù di un atto di costituzione del diritto di superficie trascritto in data 5 giugno 1979. Il Comune aveva comunicato il costo per la cessione in proprietà dell’area in oggetto, pari ad Euro 15.321,51, oltre spese notarili.
La responsabilità professionale del notaio
Considerati i fatti, l’attore comprendeva che il notaio incaricato del trasferimento aveva omesso di compiere gli accertamenti per la verifica della provenienza e della situazione giuridica del bene avendo acquistato, contro la propria volontà, la sola proprietà della superficie in luogo della piena proprietà. Chiedeva, pertanto, l’accertamento della responsabilità professionale del notaio e il risarcimento del danno, corrispondente al costo della cessione del diritto di proprietà, oltre alle spese sopportate per acquisire i dati relativi alla situazione giuridica dell’immobile.
Il Tribunale di Oristano dichiara la responsabilità professionale del notaio accogliendo la domanda di risarcimento del danno. In particolare, nel giudizio i giudici accertavano che, con atto pubblico del 21 gennaio 1988, l’Istituto Autonomo Case Popolari aveva trasferito ai danti causa dell’attore l’alloggio in oggetto con la indicazione specifica che l’area di sedime su cui era sorto il fabbricato era stata concessa alla Cooperativa in diritto di superficie per 99 anni.
La Corte d’appello di Cagliari (sent. 14.6.2022), in parziale riforma condanna il notaio al pagamento della minore somma di Euro 14.742,38, oltre interessi, provvedendo sulle spese di lite.
L’intervento della Cassazione
L’acquirente si rivolge alla Corte di Cassazione dolendosi che la Corte territoriale avrebbe valutato in maniera errata le risultanze documentali, poiché dall’atto del 18 maggio 1979 sarebbe possibile desumere esclusivamente la cessione da parte del Comune di Oristano del diritto di superficie in favore di IACP, ma non anche che il Comune fosse l’effettivo proprietario dell’area di sedime.
La censura non è ammissibile. In primo luogo, perché non poteva essere posta a fondamento del ricorso cassatorio, trattandosi di doppia conforme. Ciò è inibito all’articolo 348 ter, quarto comma c.p.c., che non consente ricorso per cassazione a meno che il ricorrente non alleghi e dimostri che le due decisioni si fondano su presupposti di fatto differenti. Nel caso concreto non vi è alcun riferimento a tale profilo.
L’interpretazione dei contratti di compravendita
In secondo luogo, le censure riguardano il profilo della interpretazione di contratti di compravendita e relazioni riguardanti tali trasferimenti senza alcun riferimento, richiesto dalla giurisprudenza a pena di inammissibilità, alla specifica violazione delle norme previste agli articoli 1362 e seguenti c.c.
Ebbene, costituisce orientamento assolutamente consolidato quello secondo cui “al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il Giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità.
In terzo luogo, quanto censurato richiede alla Corte di Cassazione il riesame di tutta la documentazione dell’attività istruttoria svolta attraverso una inammissibile richiesta di celebrazione di “un terzo grado di giudizio (di merito)”.
Ciò detto, il ricorrente, ribadendo quanto già oggetto del corrispondente motivo di appello, sostiene la tesi secondo cui, in virtù delle norme citate, il subentro di IACP nei beni di proprietà della GESCAL riguarderebbe la piena proprietà e non il diritto di superficie. In ciò la Corte territoriale avrebbe violato i criteri di interpretazione della legge.
Anche questa censura non è ammissibile perché non si confronta con le argomentazioni svolte dai Giudici di appello.
Il diritto di superficie
Giova ricordare che “l’espropriazione dei suoli per la costruzione di alloggi di edilizia economica e popolare ai sensi della Legge n. 865 del 1971 trasferisce la proprietà dei suoli stessi al Comune, il quale costituisce su di essi un diritto di superficie in favore dello I.A.C.P., che, a sua volta procede alla costruzione degli alloggi“.
Questo significa che è corretto quanto deciso dalla Corte di secondo grado, ovverosia che il diritto di superficie si sostanzia nel diritto di costruire e mantenere la costruzione sul suolo altrui. Il Comune di Oristano con l’atto del 18 maggio 1979 aveva attribuito a IACP di Cagliari, al quale erano stati devoluti beni ai sensi del D.P.R. n. 1036 del 1972, gli immobili già realizzati o in corso di costruzione, che erano di proprietà della cooperativa GESCAL.
Conseguentemente IACP aveva trasferito ai venditori citati in giudizio (e non avrebbe potuto fare diversamente), solo la proprietà degli alloggi e non anche quella del suolo. Sotto tale profilo sono inconferenti le deduzioni secondo cui nell’atto del 1988 sarebbe stata trasferita la proprietà sia dell’alloggio, che del suolo.
L’usucapione abbreviata
Neppure vi sono nel caso trattato i presupposti per la usucapione abbreviata. Il riferimento ai presupposti per la usucapione avrebbe dovuto essere inserito, come giustamente hanno osservato i Giudici di appello, nell’atto di compravendita del 2006 e la relazione avrebbe dovuto segnalare tale profilo come fortemente critico, presupponendo l’esistenza di un atto solo astrattamente idoneo a consentire l’acquisto della proprietà per usucapione. Invece, l’acquirente sostiene che vi sarebbero i presupposti per la usucapione abbreviata decennale ricorrendo un titolo idoneo, la trascrizione del titolo e la buona fede.
Sul punto i Giudici di appello hanno anche evidenziato che la difesa tecnica fondata sulla astratta sussistenza dei presupposti per una usucapione abbreviata decennale rappresenta un profilo di aggravamento della responsabilità professionale del notaio, poiché deve intendersi come riconoscimento della inidoneità del contratto al trasferimento della piena proprietà. Questo sulla base della considerazione che la premessa della relazione, nella quale si legge che i beni “risultano di piena proprietà” dei danti causa degli odierni controricorrente, si pone in contrasto sulla possibilità per i contraenti di fare affidamento sulla maturata usucapione abbreviata decennale.
In ogni caso, spetta al Giudice del merito fornire la qualificazione giuridica alle eccezioni proposte, trovando tale potere un limite in relazione agli effetti giuridici che la parte vuole conseguire deducendo un certo fatto (v. Cass. 12/10/2007, n. 21484).
Per tutte le ragioni illustrate, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.
Avv. Emanuela Foligno