Il futuro orientamento legislativo proposto dal DDL Concorrenza, attualmente approvato nella bozza della Commissione Parlamentare del Ministero dell’Economia e Sviluppo, in tema di liquidazione del danno biologico temporaneo conseguente a sinistri stradali (e quindi applicabile anche in ambito di liquidazione di lesioni di lieve entità conseguenti a responsabilità sanitaria) prevede differenti parametri di liquidazione a seconda dell’ambito di definizione tecnica del grado di invalidità permanente biologica accertata dal medico legale a seguito di ogni singolo evento lesivo. L’ipotesi di modifica legislativa determinerebbe dunque la sussistenza di differenti liquidazioni dell’inabilità temporanea biologica a seconda se si tratti di “esiti menomativi di lieve entità” ovvero di “esiti menomativi di non lieve entità”.
Il presupposto liquidativo basato quindi sul danno di invalidità permanente biologica (erroneamente definito come “lesione” dal Legislatore) contrasta nettamente con i consolidati criteri valutativi medico legali della inabilità temporanea, che sono tecnicamente riferibili, non tanto alle variabili disfunzionali delle menomazioni (Baremes), bensì a criteri clinico – evolutivi della malattia conseguente ad una determinata lesione, integrati dall’ apprezzamento qualitativo delle intercorrenti necessità terapeutiche della stessa lesione e definibili cronologicamente (trattandosi di inabilità temporanea) rispetto alle interferenze della malattia sul recupero “biologico” del danneggiato, nel contesto della ripresa delle comuni attività della vita quotidiana. Qualsiasi esperto valutatore medico legale è a conoscenza che solo ad avvenuta stabilizzazione della malattia (cosiddetta guarigione clinica) è possibile definire la menomazione, cioè l’invalidità permanente biologica integrando i riscontri clinico obiettivi del postumo (ove occorra supportati da indagini strumentali) con i riferimenti valutativi previsti dai Baremes.
Qualsiasi specialista medico legale è ben consapevole che non sussiste alcun rapporto prestabilito tra entità e decorso della lesione e conseguente valutazione dell’invalidità permanente biologica. La comune esperienza medico legale insegna che eventi lesivi significativi, pur evolvendo in modo similare (quindi con determinazione di periodi di IT definibili tecnicamente, sia sotto il profilo cronologico che qualitativo, in modo pressoché uguale) possono stabilizzarsi con postumi superiori od inferiori al fatidico 9% di invalidità permanente, derivandone una evidente illogicità tecnica ed applicativa del parametro nel determinismo della variabilità della liquidazione della inabilità temporanea.
Ciò comporta quindi che i parametri di liquidazione della inabilità temporanea biologica, invece di ancorarsi all’ effettiva entità ed evoluzione della “lesione – malattia” verrebbero erroneamente rapportati, nell’ intento del legislatore, ad un limite di variabilità disfunzionale menomativa (soglia del 9% di IP) che contrasta con l’effettivo valore probatorio e risarcitorio del “danno – conseguenza” connesso all’inabilità temporanea biologica che si baserebbe di fatto – in misura inversamente proporzionale – al grado di “fortuna o sfortuna” del danneggiato nell’essere guarito con IP superiori od inferiori al 9%, indipendentemente dall’effettiva conseguenza di danno alla persona patita dall’epoca della lesione alla sua stabilizzazione. Analoga problematica si pone, ovviamente, per la stima della “sofferenza intrinseca – lesione correlata”: parametro necessario per gli opportuni assestamenti liquidativi della componente del “danno morale” connessa alla liquidazione completa ed integrale della inabilità temporanea biologica. L’unica soluzione “logica” deve quindi prevedere la scelta di un parametro liquidativo unico per l’inabilità temporanea biologica indipendentemente dalla soglia di IP prevista dal Legislatore per la distinzione di esiti di lesione di lieve/non lieve entità.
Dott. Enrico Pedoja
Coordinatore Società Medico legale Triveneta