Malattia professionale e principio dell’equivalenza delle condizioni

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principio dell'equivalenza delle condizioni

Secondo il principio dell’equivalenza delle condizioni va riconosciuta l’efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito alla produzione dell’evento (Tribunale di Oristano, Sez. Lavoro, Sentenza n. 37/2021 del 13/04/2021 – RG n. 764/2018)

Il lavoratore chiama a giudizio l’Inail affermando di essere affetto da malattia invalidante epicondilite-epitrocleite, di cui sostiene l’origine lavorativa, chiedendo la condanna dell’Istituto all’indennizzo del danno biologico, anche complessivo, dalla stessa derivato, ai sensi dell’articolo 13 del Decreto Legislativo 23.02.2000 n° 38.

Il lavoratore in particolare deduce che la malattia è determinata, in tutto o in parte, dalle mansioni lavorative espletate, come analiticamente descritte nel ricorso introduttivo.

L’Istituto si costituisce in giudizio e chiede il rigetto della domanda per infondatezza, e deduce che il lavoratore non avrebbe diritto alla prestazione invocata in quanto la lamentata patologia non è di natura professionale .

La causa viene istruita mediante l’acquisizione delle produzioni documentali, prove testimoniali e CTU Medico-Legale.

All’esito della fase istruttoria la domanda azionata viene considerata fondata.

Nel caso di malattia professionale non tabellata è onere del lavoratore fornire la prova della sua origine professionale e il ricorrente ha assolto a tale onere.

Inoltre, la giurisprudenza ha precisato che in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, trova diretta applicazione la regola contenuta nell’art. 41 c.p., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, in forza del quale va riconosciuta l’efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento.

Dall’istruttoria risulta accertato il nesso causale tra le prestazioni lavorative svolte dal ricorrente e la patologia successivamente insorta, che ha determinato il danno biologico accertato dalla CTU espletata.

Le prove testimoniali hanno confermato lo svolgimento delle mansioni lavorative svolte dal ricorrente dalle quali emerge l’idoneità a cagionare, in tutto o in parte, la patologia lamentata.

Nella CTU si legge: “Avendo accertato l’esistenza della patologia lamentata dal ricorrente (l’epicondilite e l’epitrocleite cronica calcifica bilaterale) e la natura professionale della stessa, si ritiene che il danno biologico da questa derivata possa essere quantificato (considerando entrambi gli arti ed entrambe le patologie) nella misura del 8% (otto percento). La decorrenza delle stesse corrisponde alla data d’inoltro della domanda di malattia professionale all’Inail per via amministrativa, e cioè a partire dal 22/10/2013 (epicondilite e epitrocleite bilaterale) e 24/10/2013 (morbo di Pavlov). In considerazione, poi, delle altre patologie sopportate dal lavoratore e riconosciute dall’Istituto (con GRADO COMPLESSIVO 19% – sentenza del 2016 – del 24/07/2009 n° 506606335 e pratica di infortunio del 08/01/2001 n° 406260362) è possibile indicare il danno biologico complessivo, includente il morbo di Pavlov e l’epicondilite e epitrocleite nella misura del 26% (ventisei percento)”.

Il Giudice condivide e fa proprie le conclusioni del CTU e le pone a base della decisione accogliendo la domanda del lavoratore.

Accertata, dunque, la sussistenza dei requisiti richiesti dall’art. 13 Decreto Legislativo 23.02.2000 n° 38 per l’indennizzo, mediante rendita, del danno biologico subito.

L’Inail viene condannato alla corresponsione in favore del lavoratore della rendita richiesta, unitamente ai ratei scaduti e agli interessi legali, decorrenti dal centoventunesimo giorno successivo alla presentazione dell’ultima domanda amministrativa.

Accollate in capo all’Inail le spese di lite del ricorrente, liquidate in euro 3.000,00 oltre accessori, e le spese di CTU Medico-Legale.

Avv. Emanuela Foligno

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