Manto stradale non drenante viene posto dal danneggiato quale causa del sinistro stradale che provocava lesioni fisiche e ingenti danni materiali al veicolo (Cass. Civ., sez. VI – 3, Ordinanza n. 5230 depositata il 17 febbraio 2022).

Manto stradale non drenante, invece, non viene ritenuta la causa del sinistro, bensì l’eccessiva velocità di marcia.

Respinta la richiesta di risarcimento avanzata nei confronti del Comune e non rilevante il rappresentato stato di usura del manto stradale, una volta accertata l’eccessiva velocità di marcia della vettura, resa ancora più grave dalla pioggia in atto.

L’automobilista viene ritenuto l’esclusivo responsabile del sinistro essendo risultata accertata una eccessiva velocità non consona alle condizioni climatiche e a quelle del manto stradale usurato.

In particolare, il sinistro avveniva in orario notturno con pioggia battente allorquando il veicolo finiva fuori strada. A seguito dell’evento, l’automobilista azionava la conseguente domanda risarcitoria nei confronti del Comune.

Tuttavia, primo e secondo grado di giudizio respingono la domanda evidenziando la eccessiva velocità tenuta dalla vettura.

La vicenda approda in Cassazione dove il danneggiato, facendo leva sul riscontrato stato di usura del manto stradale nella misura di 4/5, contesta la responsabilità esclusiva ascrittagli dai Giudici di merito.

Il ricorrente ritiene non decisiva la eccessiva velocità del veicolo che risulterebbe assorbita dal cattivo stato di manutenzione del manto stradale del tutto usurato e non drenante.

I motivi di doglianza sono ritenuti inammissibili.

Nella specie la Corte d’appello ha rilevato che dall’istruttoria svolta, e in particolare dai rilievi della Polizia stradale, era emerso che l’incidente derivava da responsabilità esclusiva del conducente il quale aveva tenuto una velocità elevatissima, incompatibile con l’ora notturna e con la pioggia che insisteva sul manto stradale.

Simile comportamento, assumendo il carattere di caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra la cosa e l’evento, rendeva inapplicabile la fattispecie dell’art. 2051 c.c., risultando priva di pregio anche la diversa ricostruzione fondata sull’art. 2043 c.c.; tanto più che la natura pianeggiante dei luoghi non rendeva necessaria alcuna segnalazione di un pericolo inesistente.

A fronte di tale ricostruzione il ricorrente, mentre ribadisce una serie di considerazioni in punto di fatto già ritenute non credibili dai due giudici di merito, insiste nel sostenere che la velocità tenuta dalla vettura non era elevata e che la natura scivolosa del manto stradale era stata l’unica causa del sinistro.

Gli Ermellini non si discostano dalle decisioni di merito e valorizzano il rapporto della Polizia Stradale dal quale emerge che il sinistro è da ascriversi a responsabilità esclusiva del conducente dell’autoveicolo che procedeva a elevatissima velocità in orario notturno con pioggia fitta in atto.

Oltre alle risultanze del rapporto di intervento delle Forze dell’Ordine, anche la dinamica del sinistro depone per la colpa esclusiva dello stesso danneggiato.

Difatti, è stato accertato nei giudizi di merito che il veicolo “ dopo avere subito una rotazione di 90 gradi, aveva proseguito nella sua corsa, superando il ciglio stradale e continuando a scarrocciare fino ad impattare con un ostacolo di cemento, prendendo letteralmente il volo ed atterrando a distanza di dodici metri”.

Conseguentemente, la condotta dell’automobilista è risultata sufficiente a interrompere il nesso causale tra la condizione usurata del manto stradale e il sinistro.

Il ricorso viene integralmente rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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