Mattonelle sulla strada rotte e sollevate: il pedone deduce insidia e trabocchetto (Cassazione civile sez. VI, dep. 27/05/2022, n.17274).
Mattonelle sulla strada rotte e sollevate provocano la caduta della donna che cita in giudizio il Comune addebitandogli la responsabilità dell’accaduto.
Il giudizio viene istaurato dinanzi il Tribunale di Bari e la donna domanda la somma di Euro 50.292,00, a titolo di risarcimento dei danni per le lesioni personali riportate nel sinistro avvenuto, allorché, alle ore 17,30 circa, rovinava malamente a terra a causa di una serie di mattonelle sulla strada rotte, sollevate e mal posizionate, che creavano un’insidia/trabocchetto tanto subdola, quanto pericolosa.
Il Tribunale adito rigettava la domanda e la soccombente propone gravame in Corte d’Appello.
La Corte di Appello di Bari, rigettava l’impugnazione e condannava l’appellante alle spese di giudizio.
Avverso la sentenza della Corte di merito la danneggiata propone ricorso in Cassazione.
Lamenta il mancato riconoscimento del danno, violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. e sostiene di avere fornito la prova dello stato dei luoghi teatro della caduta, del nesso causale e delle lesioni patite e si duole che la Corte di merito abbia, invece, ritenuto che la sua disattenzione potesse considerarsi causa efficiente prossima e sufficiente ad elidere il rapporto di causalità, senza dare rilievo al punto preciso in cui si era verificata la caduta e alla presenza di mattonelle sulla strada rotte, senza riconoscere che il luogo era privo di illuminazione pubblica e senza valutare adeguatamente le prove fornite.
Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., contraddittorietà ed illogicità della sentenza laddove sostiene che la stessa sarebbe stata poco diligente e non accorta.
Le doglianze non sono fondate.
La Corte di merito, nel ritenere correttamente applicato dal Giudice di primo grado l’art. 2051 c.c., ha implicitamente rigettato la domanda ai sensi dell’art. 2043 c.c., entrambi i motivi tendono, in sostanza ad una rivalutazione del merito non consentita.
Il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei Giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente.
Non è consentito riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal Giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.
Con il terzo motivo, deduce la nullità della sentenza (di primo e secondo grado) per violazione dell’art. 116 c.p.c., e dell’art. 112 c.p.c..
Il motivo è infondato, avendo la Corte territoriale dichiaratamente esaminato congiuntamente i motivi di appello proposti, peraltro sinteticamente riportati nella sentenza, li ha rigettati e ha ritenuto, altresì, correttamente applicati gli artt. 91 e 92 c.p.c., dal Tribunale in base al principio della soccombenza.
Il ricorso viene integralmente rigettato.
La redazione giuridica
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