Non corretta esecuzione di osteosintesi da parte dell’Istituto Ortopedico: contestate in Cassazione le conclusioni della CTU (Cassazione civile, sez. VI, dep. 20/04/2022, n.12562).
Non corretta esecuzione di osteosintesi da parte dell’Istituto Ortopedico resa necessaria a seguito di un infortunio sul lavoro.
Il danneggiato ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Bologna, che – respingendone il gravame esperito contro la sentenza del Tribunale di Bologna – ha rigettato la domanda di risarcimento danni proposta nei confronti dell’Istituto Ortopedico e del Medico.
Riferisce di avere convenuto in giudizio l’Istituto Ortopedico e il Medico chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti alla non corretta esecuzione di osteosintesi.
Il Tribunale rigettava la domanda sul rilievo che nessun profilo di colpa fosse imputabile ai convenuti, ritenendo, inoltre, dimostrato, da prova testimoniale, anche l’adempimento degli obblighi informativi nei confronti del paziente.
Anche la Corte d’Appello rigettava la domanda, ritenendo che le critiche indirizzate dal danneggiato all’operato del CTU fossero state adeguatamente valutate dall’ausiliario (al cui ragionamento essa aderiva), nonché rilevando – quanto alla dedotta violazione degli obblighi informativi – l’assenza di censura circa il ritenuto, dal primo Giudice, difetto di allegazione e prova del fatto che il paziente, se fosse stato edotto del rischio di riduzione del materiale osseo e di accorciamento dell’arto, avrebbe verosimilmente rifiutato di sottoporsi all’intervento.
Rivolgendosi alla Corte di Cassazione l’uomo denuncia “omissione o difetto di esame circa un fatto decisivo per il giudizio e/o circa la prova decisiva (omesso rinnovo della CTU)”, oltre “vizio di motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio e/o circa la prova decisiva”.
Il ricorrente, in particolare, lamenta l’esclusione di responsabilità dell’Istituto Ortopedico e del Medico per la non corretta esecuzione dell’intervento di osteosintesi, sulla scorta delle risultanze della CTU, “ma omettendo, tuttavia, di considerate o confutate in sentenza le soluzioni alternative prospettate dal CTP”. Lamenta, inoltre, la violazione degli obblighi informativi.
La Suprema Corte ritiene il ricorso inammissibile.
La contestazione del vizio motivazionale elevata nei confronti della motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni della CTU non può limitarsi al rilievo di una insufficienza dell’indicazione delle ragioni del detto recepimento”, dovendo il ricorrente indicare “il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività””.
La parte che lamenta l’acritica adesione del Giudice di merito alle conclusioni del CTU non può limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dal Consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l’operato, ma, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l’apprezzamento dell’incidenza causale del difetto di motivazione.
Oltretutto, il ricorrente neppure ha indicato quali fossero le soluzioni alternative prospettate dal proprio CTP rispetto alla non corretta esecuzione dell’osteosintesi, ciò che impedisce di valutarne la “decisività”, ovvero la loro capacità di “invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” risulti priva di fondamento.
Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Nulla viene obiettato in merito alle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, circa la mancata deduzione del concreto pregiudizio che sarebbe derivato, per il proprio diritto di difesa, dall’indebita partecipazione dell’ausiliario del CTU di parte avversa alle operazioni tecniche (né indicato le parti della relazione dell’ausiliario per tale motivo viziate), con ciò, peraltro, il Giudice di appello conformandosi al principio secondo cui, eventuali irritualità dell’espletamento della CTU ne determinano la nullità solo ove procurino una violazione in concreto dei diritti di difesa.
Infine, inammissibile, anche il terzo motivo, inerente il difetto di mancata informazione sull’intervento di osteosintesi.
Il ricorrente, non si confronta con il rilievo – espresso dalla sentenza impugnata circa l’esistenza di un giudicato interno, per non avere l’allora appellante censurato l’affermazione, compiuta dal primo Giudice, relativa all’impossibilità di riconoscere il danno da mancata informazione, in difetto di prova fornita dall’attore che, ove egli fosse stato informato sui rischi dell’intervento praticatogli non si sarebbe sottoposto allo stesso.
Avv. Emanuela Foligno
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