Il Medico dell’ASL viene condannato per omissione di atti d’Ufficio perché rifiutava la visita domiciliare formulando erroneamente una diagnosi telefonica di gastroenterite (Cassazione Penale, sez. VI, dep. 15 marzo 2024, n. 11085).
La vicenda
I Giudici di merito di Bologna condannavano il Medico per omissioni in atti di ufficio, perché, nella qualità di medico di guardia dell’Ausl di Bologna, aveva rifiutato di eseguire una visita domiciliare, nonostante le riferite gravi condizioni di salute (tra cui forte bruciore allo sterno accompagnato da irradiazione di dolore sulle braccia e sulle dita delle mani), limitandosi a una diagnosi telefonica di una gastroenterite che, successivamente, risultava essere un infarto che portava al decesso dell’uomo. Il medico veniva assolto per il delitto di omicidio colposo.
Il Medico impugna la decisione in Cassazione sottolineando che la scelta di provvedere, o meno, a visita domiciliare costituisce un atto discrezionale, di cui la stessa perizia aveva escluso la necessità in base ai sintomi indicati nella telefonata, intercorsa tra il Medico imputato e la convivente del paziente, sintomi dai quali non risultava né la natura infartuale, tanto da non imporre l’intervento di un’ambulanza, né un inequivoco quadro clinico grave.
Censura, inoltre, la errata quantificazione della pena finale la pena accessoria dell’interdizione dalla professione per mesi 6. Solo queste censure sono fondate.
Le motivazioni della Cassazione
Il Medico in servizio di guardia deve rimanere a disposizione “per effettuare gli interventi domiciliari a livello territoriale che gli saranno richiesti” e durante il turno “è tenuto ad effettuare al più presto tutti gli interventi che gli siano richiesti direttamente dagli utenti”. Ergo, la necessità e l’urgenza di effettuare una visita domiciliare spetta alla valutazione discrezionale del sanitario di guardia, sia sulla base della sintomatologia riferitagli che sulla base della propria esperienza. Tale valutazione, però, è sindacabile dal Giudice di merito, in forza degli elementi di prova sottoposti al suo esame, per accertare se la valutazione del sanitario sia stata correttamente effettuata sulla base di dati di ragionevolezza, desumibili dallo specifico contesto e dai protocolli sanitari applicabili.
Integra il delitto di rifiuto di atti di ufficio la condotta del Sanitario in servizio di guardia medica che, pur richiesto, decida di non eseguire l’intervento domiciliare urgente per accertarsi delle effettive condizioni di salute del paziente, nonostante gli venga prospettata una sintomatologia grave, trattandosi di un reato di pericolo per il quale a nulla rileva che lo stato di salute del paziente si riveli in concreto meno grave di quanto potesse prevedersi. In sostanza, il delitto è integrato ogniqualvolta il Medico di turno, pubblico ufficiale, a fronte ad una riferita sintomatologia ingravescente e alla richiesta di soccorso, che presenti inequivoci connotati di gravità e di allarme, neghi un atto non ritardabile, quale appunto quello di un accurato esame clinico volto ad accertare le effettive condizioni del paziente.
In tal senso le due sentenze di merito sono corrette.
Riguardo la pena irrogata, in fase di determinazione della pena, la sentenza di secondo grado è incorsa in un errore che viene corretto da questa Corte mediante un’operazione scevra di profili di discrezionalità consistente nella mera rideterminazione della pena in quattro mesi di reclusione.
In ordine alla durata dell’interdizione dalla professione medica, le sentenze di merito hanno fatto corretta applicazione dell’art. 37 c.p. secondo il quale la sanzione accessoria ha “durata uguale” a quella della pena principale inflitta. Essendo, la quantificazione corretta quella di mesi 4 di reclusione, la interdizione essendo pena accessoria deve essere uguale a quella principale, quindi viene rideterminata in mesi 4.
Confermato il resto.
Avv. Emanuela Foligno