In materia di lesioni micropermanenti, l’accertamento del danno alla persona deve avvenire con i criteri medico legali, quali l’esame obiettivo (criterio visivo), l’esame clinico e gli esami strumentali che sono fungibili ed alternativi tra loro e non già cumulativi

Le lesioni micorpermanenti

Il ricorrente aveva agito in giudizio al fine di ottenere il risarcimento dei danni (nella specie, per lesioni micropermanenti) patiti in conseguenza di un sinistro stradale. In particolare, l’uomo aveva domandato il risarcimento del danno permanente alla salute, del danno morale e del danno consistito nelle spese di assistenza legale stragiudiziale.

L’assicuratore del veicolo investitore si era costituito in giudizio eccependo l’irrisarcibilità del danno permanente alla salute derivato dal sinistro, in quanto non suscettibile di accertamento strumentale.

L’eccezione veniva accolta. Ed infatti, sia in primo grado che in appello l’istanza del danneggiato veniva rigettata.

La causa è così approdata in Cassazione. Ad avviso del ricorrente i giudici di merito avevano fatto errata applicazione degli artt. 139 cod. ass. e del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 32, commi 3-ter e 3-quater.

I motivi di ricorso

A detta del ricorrente, tali norme non hanno affatto subordinato il risarcimento del danno alla persona con esiti micropermanenti alla esistenza d’un accertamento strumentale, ma solo alla possibilità di un accertamento obiettivo, quale che sia il modo con cui questo avvenga; e poichè nel caso di specie i postumi permanenti ad lui sofferti erano comunque obiettivabili, anche in assenza di un riscontro diagnostico strumentale, il Tribunale non avrebbe potuto rigettare la sua domanda.

Le censure sono state accolte (Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, sentenza n. 31072/2019).

La Cassazione si è già ripetutamente occupata in materia di micropermanenti, in particolare, del senso da attribuire al D.L. n. 1 del 2012, art. 32, comma 3-ter, con le sentenze pronunciate da Terza Sezione, n. 18773 del 26/09/2016; n. 1272 del 19/01/2018, ordinanza n. 5820 del 28/02/2019, e ordinanza n. 11218 del 24/04/2019.

Il risarcimento delle lesioni micropermanenti

Nelle decisioni appena ricordate la Suprema Corte ha stabilito che il D.L. n. 1 del 2012, art. 32, comma 3 ter e (finchè sia stato applicabile) comma 3 quater, non è nè una norma che pone limiti ai mezzi di prova (essa non impedisce, dunque, di dimostrare l’esistenza d’un danno alla salute con fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali); nè una norma che pone limiti alla risarcibilità del danno (essa non impone, dunque, di lasciare senza ristoro i danni che non raggiungano una soglia minima di gravità).

L’art. 32 D.L. – si è detto – è semplicemente una norma che ribadisce un principio già insito nel sistema, e cioè che il risarcimento di qualsiasi danno (e non solo di quello alla salute) presuppone che chi lo invochi ne dimostri l’esistenza “al di là di ogni ragionevole dubbio”; e che per contro non è nemmeno pensabile che possa pretendersi il risarcimento di danni semplicemente ipotizzati, temuti, eventuali, ipotetici, possibili ma non probabili.

Questa conclusione è imposta dall’interpretazione letterale e da quella finalistica.

Dal punto di vista letterale, la legge definisce “danno biologico” soltanto quello “suscettibile di accertamento medico legale” (così il D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, artt. 138 e 139 ma anche il D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13 nonchè, in precedenza, l’abrogato L. 5 marzo 2001, n. 57, art. 5).

“Accertare” deriva etimologicamente dal latino medioevale “ad-certare”, che esprime il concetto di “certificare”, cioè rendere sicuro, riconoscere per vero, verificare.

Definire pertanto la categoria del danno biologico come quello “suscettibile di accertamento medico legale” vuol dire che per predicarsi l’esistenza stessa (e non la mera risarcibilità) di tale pregiudizio occorre che esso sia dimostrabile non già sulla base di mere intuizioni, illazioni o suggestioni, ma sulla base di una corretta criteriologia accertativa medico-legale.

Ma la corretta criteriologia accertativa medico-legale non si limita ovviamente a considerare solo la storia clinica documentata della vittima. Essa ricorre altresì all’analisi della vis lesiva, all’analisi della sintomatologia, all’esame obiettivo, alla statistica clinica.

Un corretto accertamento medico-legale, -hanno aggiunto gli Ermellini – potrebbe, pertanto, pervenire a negare l’esistenza d’un danno permanente alla salute (o della sua derivazione causale dal fatto illecito) anche in presenza di esami strumentali dall’esito positivo (come nel caso d’una frattura documentata radiologicamente, ma incompatibile con la dinamica dell’infortunio per come emersa dall’istruttoria); così come, all’opposto, ben potrebbe pervenire ad ammettere l’esistenza d’un danno permanente alla salute anche in assenza di esami strumentali, quando ricorrano indizi gravi, precisi e concordanti, ai sensi dell’art. 2729 c.c., dell’esistenza del danno e della sua genesi causale.

Dal punto di vista finalistico, v’è poi da rilevare che il D.L. n. 1 del 2012 è stato adottato al dichiarato di scopo di rilanciare l’economia, favorire la concorrenza, incentivare sia i consumi che il risparmio.

Se dunque scopo del D.L. n. 1 del 2012 è stato (anche) quello di favorire l’abbassamento dei premi assicurativi nel settore dell’assicurazione r.c. auto, è coerente con tale fine interpretare l’art. 32 D.L. cit. nel senso che esso abbia inteso contrastare non solo le truffe assicurative, ma anche la semplice negligenza colposa, la benevola tolleranza o il superficiale lassismo nell’accertamento dei microdanni.

Alla luce di tali considerazioni, i giudici della Terza Sezione Civile hanno affermato che:

(a) l’art. 32 D.L. citato non è una norma di tipo precettivo, ma una di quelle norme che la dottrina definisce “norme in senso lato” (cioè prive di comandi o divieti, ma funzionalmente connesse a comandi o divieti contenuti in altre norme);

(b) tale norma va intesa nel senso che l’accertamento del danno alla persona non può che avvenire coi criteri medico-legali fissati da una secolare tradizione: e dunque l’esame obiettivo (criterio visivo); l’esame clinico; gli esami strumentali;

(c) tali criteri sono fungibili ed alternativi tra loro, e non già cumulativi.

In altre parole, “non esistono danni obiettivi e risarcibili, e danni non obiettivi e quindi non risarcibili. Un danno alla salute, come qualsiasi altro pregiudizio patrimoniale o non, se non è obiettivamente accertabile non esiste come categoria giuridica, prima ancora che fattuale. Ma l’obiettività dell’accertamento, per tutte le ragioni sopra esposte, non s’arresta sulla soglia della mancanza di prove documentali”.

La decisione

A tali criteri non si era attenuta la sentenza impugnata, che aveva ritenuto non condivisibile le conclusioni del consulente circa l’esistenza di quei postumi. Il Tribunale aveva, al contrario, ritenuto di dovere condividere una consulenza tecnica nella quale si affermava che esistevano effettivamente postumi permanenti, ma che la sussistenza di essi era frutto non già di un accertamento strumentale, ma di una “mera valutazione clinica”.

Tale valutazione aveva dunque violato l’art. 138 cod. ass., avendo escluso la risarcibilità delle lesioni micropermanenti, trattandosi di un danno “suscettibile di accertamento medico legale”, sol perchè quell’accertamento era stato compiuto senza l’ausilio di indagini strumentali.

La redazione giuridica

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