Le difficoltà economiche del genitore obbligato non elidono l’elemento psicologico del reato di omesso mantenimento dei figli, e non assurgono di per sé a scriminante della condotta illecita, fino a che non sia comprovato un vero e proprio stato di indigenza economica

L’accusa di omesso mantenimento dei figli

La Corte di appello di Torino aveva confermato la condanna a due mesi di reclusione e 200 euro di multa pronunciata a carico dell’imputato, in ordine al reato di cui all’art. 570 comma 2 n. 2 cod. pen. All’uomo era addebitata la condotta di sottrazione agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà genitoriale, avendo fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, integrando così l’omesso mantenimento.

Il Tribunale per i Minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta aveva infatti stabilito, la corresponsione a suo carico della somma di 250,00 euro mensili in favore dei figli, oltre al pagamento delle spese scolastiche e mediche al 50%, ma egli si era limitato ad effettuare due soli versamenti per i mesi di maggio e giugno 2009 dell’importo di 350,00 euro ciascuno.

Ebbene, l’uomo nel corso dell’interrogatorio aveva riferito di essere rimasto senza lavoro nell’anno 2007; per gli anni successivi, aveva riscosso uno stipendio mensile di circa 1.000,00 euro, ma che aveva dovuto far fronte al pagamento dell’affitto e delle spese correnti, nonché ai debiti di natura esattoriale e debiti contratti con la banca e con il fratello.

La pronuncia della Corte d’Appello

Ciononostante, la Corte territoriale aveva confermato la pronuncia di condanna a suo carico affermando che lo stato di bisogno dei minori deve ritenersi in re ipsa e, se è vero che la mera condotta omissiva consistente nella mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento non è sufficiente ad integrare il delitto, bisogna puntualizzare che quando il soggetto passivo del reato sia un figlio minore lo stato di bisogno è «presunto», trattandosi di soggetto che non è in grado di procacciarsi un reddito proprio; inoltre, né lo stato di bisogno nè l’obbligo di contribuire al mantenimento dei figli minori vengono meno qualora gli aventi diritto ricevano assistenza economica da terzi.

La Corte del capoluogo piemontese aveva infatti, osservato che, nonostante la precarietà della situazione lavorativa attraversata dal prevenuto, negli anni compresi tra il 2007 ed il 2010, egli non si era mai trovato in condizioni di indigenza tale da impedirgli in assoluto l’adempimento dei suoi doveri di genitore: al riguardo, non era stata mai dedotta alcuna situazione di oggettiva impossibilità di fare fronte agli adempimenti fissati in sede civile, non avendo egli mai offerto alcuna dimostrazione di versare in una situazione di assoluta ed incolpevole indigenza, tale da impedirgli qualsiasi versamento.

Il giudizio di legittimità

La Corte di Cassazione (Sesta Sezione Penale, sentenza n. 10422/2020) ha confermato la pronuncia della corte di merito perché in linea con la più recente giurisprudenza di legittimità, alla stregua della quale in materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta in re ipsa una condizione soggettiva dello stato di bisogno, che obbliga i genitori a contribuire al loro mantenimento, assicurando i predetti mezzi di sussistenza.

Ne deriva che il reato di cui all’art. 570, comma secondo, cod. pen., sussiste anche quando uno dei genitori ometta la prestazione dei mezzi di sussistenza in favore dei figli minori o inabili, ed al mantenimento della prole provveda in via sussidiaria l’altro genitore (Sez. 6, n. 53607 del 20/11/2014).

Tanto premesso la Cassazione ha ritenuto prive di pregio le ulteriori censure difensive relative alle presunte difficoltà economiche dell’imputato, che – come già detto – non elidono l’elemento psicologico del reato e non assurgono di per sé a scriminante della condotta illecita di omesso mantenimento dei figli.

L’elemento soggettivo del reato

L’elemento soggettivo è, infatti, integrato dal dolo generico vale a dire dalla coscienza e volontà di sottrarsi agli obblighi di assistenza inerenti alla propria qualità senza una provata giusta causa, nella consapevolezza del bisogno in cui versa il soggetto passivo.

Al contrario, per escludere la propria responsabilità penale, l’imputato avrebbe dovuto fornire prova rigorosa della sua impossibilità ad adempiere l’onere contributivo impostogli, con riferimento al periodo in contestazione, e cioè di versare in una situazione incolpevole di assoluta indisponibilità di introiti sufficienti a soddisfare le esigenze minime di vita degli aventi diritto; tenendo conto che la nozione di “mezzi di sussistenza” va identificata in ciò che è indispensabile alla vita del beneficiario, a prescindere dalle condizioni sociali o di vita pregressa degli aventi diritto (Sez. 6, n. 49755 del 21/11/2012).

Per queste ragioni, il ricorso è stato dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La redazione giuridica

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