Legittimo il rifiuto del giudice della separazione di ascoltare il minore qualora le sue volontà risultino fortemente condizionate dalle scelte dei genitori

Nell’ambito del procedimento di separazione tra due coniugi, la Corte d’appello di Venezia aveva confermato la collocazione del minore presso la madre nella città di Treviso; aveva, invece, rigettato la richiesta di trasferimento presso la casa paterna sita a Milano.
Ebbene, con ricorso per Cassazione il genitore lamentava la nullità della pronuncia per violazione di legge. Ed invero, la corte territoriale, di fronte alla sua richiesta di ascolto diretto del minore e di rinnovazione della CTU, non solo non vi aveva provveduto, ma non aveva neppure illustrato le ragioni per le quali non aveva inteso dare seguito a tale richiesta.
In altre parole, il ricorrente si doleva del fatto che la Corte di merito avesse omesso di prendere in considerazione la volontà del figlio, favorevole ad un rientro a Milano per vivere con il padre e la sua nuova famiglia, già manifestata nel corso della CTU, e di motivare le ragioni della non condivisione nell’adozione del provvedimento impugnato.

L’audizione del minore

Come noto «L’audizione dei minori, è divenuta un adempimento necessario, nelle procedure giudiziarie che li riguardino, ed in particolare in quelle relative al loro affidamento ai genitori. (…) Costituisce pertanto violazione del principio del contraddittorio e dei principi del giusto processo il mancato ascolto che non sia sorretto da espressa motivazione sull’assenza di discernimento che ne possa giustificare l’omissione, in quanto il minore è portatore di interessi contrapposti e diversi da quelli del genitore, in sede di affidamento e diritto di visita, e per tale profilo, è qualificabile come parte in senso sostanziale». (Cass. Sez. U. n. 22238/2009) e che l’audizione del minore infradodicenne capace di discernimento può avvenire direttamente da parte del giudice ovvero, su mandato di questi, di un consulente o del personale dei servizi sociali, salvo che il giudice non ritenga, con specifica e circostanziata motivazione, l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore medesimo.
Come è stato chiarito … «l’ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore, ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse», anche se le sue dichiarazioni non vincolano il giudice nell’adozione dei provvedimenti nel superiore interesse del minore.

Ebbene, per i giudici della Cassazione la decisione impugnata aveva fatto corretta applicazione dei principi sopra enunciati.

Il minore era stato già ascoltato in primo grado a cura del CTU e le sue dichiarazioni erano state poste a fondamento dei provvedimenti adottati, insieme alle altre risultanze istruttorie.
Inoltre, risultavano espresse le ragioni per cui la Corte d’appello aveva disatteso il desiderio manifestato dal figlio di rientrare a Milano dal padre: segnatamente, era stato evidenziato che tale desiderio appariva conseguire al comportamento tenuto dal primo in opposizione alla madre, comportamento tale da indurre il minore «a schierarsi nel conflitto tra i genitori a favore del padre» ed a «manifestare l’insistente desiderio del suo rientro a Milano e la sua impossibilità di inserirsi nell’ambiente materno e da coinvolgerlo in un ruolo ed in scelte e decisioni che competono agli adulti».
Per tali motivi, i giudici della Cassazione hanno ritenuto prive di pregio le doglianze difensive.

La redazione giuridica

 
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