Il diritto allo studio dei minori portatori di handicap si realizza, in base alla normativa vigente, attraverso l’integrazione scolastica, che prevede l’obbligo da parte dello Stato di predisporre adeguate misure di sostegno, con il concorso a livello territoriale anche degli Enti Locali e del Servizio Sanitario Nazionale.

La scuola e gli Enti locali hanno, pertanto, il compito di prendere in carico e di occuparsi della cura educativa e della crescita complessiva della persona portatrice di handicap, sin dai primi anni di vita.

Questo impegno ha lo scopo di predisporre le condizioni per la piena partecipazione degli alunni portatori di handicap alla vita sociale, mediante l’eliminazione di tutti i possibili ostacoli e barriere, fisiche e culturali, che possono interporsi tra la partecipazione sociale e la vita concreta degli alunni disabili.

La Legge n. 104 del 1992, in particolare, riconosce e tutela la partecipazione alla vita sociale delle persone con disabilità, in particolare nei luoghi per essa fondamentali quale la scuola durante l’infanzia e l’adolescenza (artt. 12, 13, 14, 15, 16 e 17).

Il T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, con la sentenza n. 8320 depositata il 20 luglio 2016, Referendario dott.ssa Francesca Romano, si è appunto occupato del ricorso, proposto dai genitori di un minore portatore di handicap in situazione di gravità, ai sensi dell’art. 3, comma 3, L. n. 104 del 1992, che non ha potuto usufruire per l’anno scolastico 2015/2016 del numero massimo di ore di sostegno consentite dalla legge, come espressamente richiesto dal Centro Clinico presso il quale era in cura, chiedendo la condanna dell’amministrazione del danno esistenziale patito dal minore stesso.

La scuola frequentata dal minore, infatti, assegnava, per l’anno scolastico 2015/2016, solo 8 ore di sostegno a fronte delle 20 richieste dal medico curante.

Secondo il T.A.R., alla stregua del costante indirizzo giurisprudenziale in materia, “il diritto all’istruzione del minore portatore di handicap ha rango di diritto fondamentale, che va rispettato con rigore ed effettività sia in adempimento ad obblighi internazionali (artt. 7 e 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata con L. 3 marzo 2009, n. 18), sia per il carattere assoluto proprio della tutela data dagli artt. 34 e 38, commi 3 e 4, Cost.”.

In particolare, è stato affermato che “l’istruzione rappresenta uno dei fattori che maggiormente incidono sui rapporti sociali dell’individuo e sulle sue possibilità di affermazione professionale, ed il relativo diritto assume natura sia sociale sia individuale, con la conseguente necessità, con riferimento ai portatori di handicap, di assicurarne la piena attuazione attraverso la posizione di adeguate misure di integrazione e di sostegno” (cfr., ex multis, Cons.
Stato, sez. VI, 27 ottobre 2014, n. 5317).

Nel caso de quo è stata documentata non solo la situazione di disabilità grave del minore, ma anche la necessità, attestata dagli organi medici, dell’assegnazione dell’insegnante di sostegno per il massimo delle ore.

Il T.A.R., inoltre, censura la decisione della amministrazione scolastica di assegnare al minore un numero nettamente inferiore di ore rispetto a quanto indicato come necessario in quanto non adeguatamente motivata con riguardo al discostamento dalle prescrizioni mediche allegate.

Infatti, ex art. 34, comma 1, c.p.a., deve essere riconosciuto al minore il diritto all’insegnante di sostegno secondo il rapporto 1/1, con ogni conseguente obbligo in capo all’Amministrazione resistente fino a quando non risulti documentalmente modificata una delle due condizioni su cui si fonda.

Per ciò che attiene la domanda risarcitoria, sulla base dell’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione Il T.A.R. ha ritenuto che “il danno esistenziale, recuperato non già come categoria autonoma, bensì come componente o criterio di liquidazione del più generale danno non patrimoniale, risarcibile ex art. 2059 c.c., può, ex art. 115 cpv. c.p.c., essere desunto da massime di comune esperienza” (cfr., più di recente, Cass. n. 777/15).

Tuttavia, è sempre necessario (cfr., Cass. S.U. n. 26972/08), che il fatto illecito 1) abbia leso diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale, 2) che la lesione sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità (imposta dal dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., e 3) che il danno non sia futile, ovvero che non consista in meri disagi o fastidi, o nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita o alla felicità” (Cfr., Cass. Civ. Sez. lavoro, Sent., 4 febbraio 2016, n. 2217; cfr. Cass. Civ. Sez. Un. n. 26973/2008; Cons. St., III, 25 febbraio 2014, n. 906).

Il T.A.R. ha ritenuto, nel caso de quo, ricorressero tutti i sopra elencati presupposti per l’accoglimento della domanda risarcitoria, vertendosi in ipotesi di lesione del fondamentale diritto allo studio, protrattasi per un intero anno scolastico e potendosi desumere il danno patito mediante il ricorso alle presunzioni semplici allegate da parte ricorrente (documentazione medica attestante la situazione di grave disabilità in cui versava il minore e la richiesta affinché in ambito scolastico potesse usufruire del massimo delle ore di sostegno consentite con rapporto 1:1) e che, secondo le massime di esperienza tratte dalla scienza medica, che le sopra riferite condizioni abbiano, con ragionevole probabilità, accresciuto, per il periodo di tempo considerato, le difficoltà di inserimento e di partecipazione alla vita scolastica e relazionale del minore.

Il T.A.R. per il Lazio (Sezione Terza Bis) sulla base delle su esposte argomentazioni ha accolto la domanda risarcitoria proposta dai genitori del minore portatore di handicap, e per l’effetto ha condannato l’amministrazione resistente, al risarcimento del danno quantificato in via equitativa, in misura pari a Euro 800,00, per ogni mese (con riduzione proporzionale per le frazioni di mese) di mancata assistenza per tutto il periodo ricompreso nell’intero anno scolastico 2015/2016.

Avv. Maria Teresa De Luca

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