Accolta la tesi dell’accusa secondo cui il decesso della piccola, morta il giorno dopo la nascita, sarebbe da addebitare alla condotta negligente delle imputate, due ginecologhe e un’ostetrica
E’ morta il giorno dopo la nascita in una clinica di Palermo. Tuttavia, se il cesareo fosse stato praticato con maggiore tempestività, la piccola avrebbe potuto salvarsi. Lo ha stabilito il Tribunale del capoluogo siciliano che, a distanza di otto anni dal fatto, ha condannato per omicidio colposo due ginecologhe alla pena (sospesa) di un anno e quattro mesi di reclusione e un’ostetrica a un anno. Il Giudice ha inoltre riconosciuto una provvisionale di duecentomila euro al padre e alla madre della piccola, costituitisi parte civile nel procedimento.
I genitori si erano rivolti alla magistratura per fare piena luce sull’accaduto, sospettando negligenze da parte del personale sanitario. Ne era scaturita un’inchiesta che, però, era stata archiviata per ben due volte. La Procura aveva infatti ipotizzato che a determinare il decesso fosse stata un’infezione. Dopo ben due perizie svolte sulla placenta, però, era emerso, grazie all’analisi del dna, che i campioni prelevati erano incompatibili con la madre della piccola e che appartenevano a un maschietto.
Il fascicolo, quindi, era stato riaperto e il Gup aveva rinviato a giudizio le tre operatrici sanitarie, accogliendo la tesi dell’accusa secondo cui la morte della neonata sarebbe stata da ricondurre alla loro condotta negligente.
Alle imputate, nello specifico, veniva contestato di non aver valutato adeguatamente il tracciato delle 8.53, che avrebbe presentato delle anomalie e che avrebbe dovuto spingerle a monitorare la situazione o a preoccuparsi dell’ossigenazione fetale. Un tracciato successivo, eseguito alle 12.05 “era diventato anormale/patologico” e “per 23 minuti aveva assunto caratteristiche evidentemente allarmanti”; infine, quello effettuato alle 12.29 “e per i successivi 17 minuti era caratterizzato da bradicardia, indice di gravissima sofferenza ipossica”.
A fronte di tale quadro il parto chirurgico d’urgenza era stato compiuto soltanto alle 13, quindi troppo tardi secondo gli inquirenti. Il feto era stato estratto “non vitale” e la bimba era morta il primo ottobre del 2012. Per la Procura, se il cesareo fosse avvenuto tra le 12.20 e le 12.30, cioè pochissimo tempo prima, la tragedia avrebbe potuto essere scongiurata.
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