L’esame autoptico evidenzierebbe la sussistenza di elementi di responsabilità sanitaria per il decesso di una donna morta soffocata dal cibo servito in Ospedale

Sono sette, tra medici e infermieri,  i sanitari indagati per il decesso di una donna morta soffocata dal cibo nel maggio del 2017.

La signora, secondo la ricostruzione di Venezia Today, era ricoverata presso il reparto di medicina di un nosocomio del veneziano. Il giorno precedente aveva subito un intervento di tromboarteriectomia femorale. Soffriva, infatti, di diabete e di gravi insufficienze renali e del distretto arterioso degli arti inferiori.

Il giorno seguente, poco prima delle 13, il figlio della signora era stato raggiunto telefonicamente da un’infermiera e poi dal primario. I sanitari lo avvertivano che la madre si era soffocata con il cibo che stava mangiando e che era stata trasportata d’urgenza in Rianimazione. Alle 14.20 veniva dichiarato il decesso.

I familiari, sollevando dubbi circa le responsabilità del personale sanitario, avevano deciso di presentare un esposto sull’accaduto. La Procura aveva quindi aperto un fascicolo per omicidio colposo, iscrivendo nel registro degli indagati i sette sanitari. Questi erano  tutti presenti in reparto al momento della tragedia o intervenuti in seconda battuta per tentare di salvare la vita alla paziente.

Il Pubblico ministero disposto l’autopsia sul corpo della vittima.

L’esame necrospcopico avrebbe confermato come causa del decesso l’ostruzione delle vie aeree dovuto a un pezzo di spezzatino. Il medico legale, nelle sue conclusioni, avrebbe inoltre ravvisato estremi di colpa nella condotta della sanitaria che l’aveva in cura. Lo fa sapere lo Studio 3A, che segue la vicenda per conto della famiglia.

Il perito sottolinea, in particolare, che per una paziente così sensibile e reduce da una recentissima operazione , sarebbe stato preferibile evitare una nutrizione per via orale. In ogni caso, trattandosi di una paziente soporosa, l’infermiera che ne aveva la responsabilità non avrebbe dovuto affidare la somministrazione di quel pasto a una volontaria. Quest’ultima, infatti, non era preparata “per l’esecuzione di simili manovre e per il riconoscimento precoce dei sintomi di asfissia da intasamento delle vie aeree”.

La parola passa ora al Sostituto procuratore, che dovrà valutare la sussistenza di elementi di responsabilità penale in capo agli indagati.

 

 

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