Respinto il ricorso di una donna che si era vista rigettare la domanda volta a ottenere la rendita ai superstiti in seguito alla morte del coniuge per carcinoma polmonare
Il dies a quo di decorrenza della prescrizione deve essere individuato con riferimento ad uno o più fatti che diano certezza, ricavata anche da presunzioni semplici, della conoscenza da parte dell’assicurato (o dei suoi aventi causa) dell’esistenza dello stato morboso, dell’eziologia professionale della malattia e del raggiungimento della soglia indennizzabile. Lo ha ribadito la Cassazione con l’ordinanza n. 27821/2021 pronunciandosi sul ricorso di una cittadina che si era vista rigettare, in sede di merito, la domanda proposta contro l’INAIL intesa ad ottenere il riconoscimento del diritto alla costituzione di una rendita ai superstiti a seguito della morte del coniuge per carcinoma polmonare, essendo decorso il termine di prescrizione previsto dall’art.85 T.U. n. 1124 del 1965.
La Corte d’Appello aveva confermato che la ragionevole conoscenza, da parte dei superstiti, che la malattia professionale fosse stata causa o concausa del decesso del de cuius doveva ritenersi integrata al momento del decesso del coniuge (4.9.2006) in quanto in tale momento la malattia era stata compiutamente diagnosticata, era nota la sua gravità, era noto ai superstiti se sussistessero o meno fattori causali non professionali, era possibile accertare — secondo le conoscenze scientifiche e mediche dell’epoca – il nesso eziologico tra la patologia e le condizioni di lavoro; considerata, quindi, come dies a quo della prescrizione la suddetta data, la domanda inoltrata, il 15.6.2012, all’INAIL per conseguire la rendita ai superstiti doveva ritenersi tardiva.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la ricorrente si doleva che la Corte territoriale non avesse scrutinato le circostanze di fatto illustrate nel ricorso originario (con particolare riguardo alle condizioni di lavoro e al decesso di numerosi colleghi di lavoro del defunti), violando dunque l’art. 2697 cod.civ., in quanto il giudice di merito, pur partendo da un presupposto motivazionale corretto (cioè che la consapevolezza circa l’esistenza della malattia e la sua origine professionale potesse desumersi da un fatto noto e da eventi oggettivi ed esterni alla persona) ne aveva tratto un convincimento finale errato, vistosamente superficiale in ordine alla consapevolezza del familiare sulla derivazione causale della morte del congiunto.
La Corte territoriale si era limitata a richiamare la circostanza temporale dell’avvenuto decesso del lavoratore, mentre il coniuge aveva avuto la conoscibilità della eziologia professionale del tumore del marito solo nell’anno 2012, come compiutamente articolato nell’atto d’appello, a seguito della verbalizzazione dell’indagine dell’ispettorato INAIL.
Gli Ermellini hanno ritenuto il motivo del ricorso manifestamente infondato.
La Corte territoriale, con valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità, aveva infatti ritenuto che la manifestazione della malattia professionale (rilevante quale dies a quo per la decorrenza del termine prescrizionale di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 112) potesse ritenersi verificata quando la consapevolezza circa l’esistenza della malattia, la sua origine professionale e il suo grado invalidante erano desumibili da eventi oggettivi ed esterni alla persona dell’assicurato, ossia al momento del decesso del lavoratore.
La redazione giuridica
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