La Corte d’Appello, accoglieva parzialmente il gravame ritenendo che non fosse stato provato, secondo il principio del più probabile che non, il nesso causale tra l’incidente e l’aborto. (Cassazione Civile, Sez. VI,  Sentenza n. 40337 del 16/12/2021)

I coniugi citano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Tivoli assicurazione e proprietaria del veicolo Nissan, per ottenerne la condanna, in via autonoma o solidale, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti in conseguenza del sinistro stradale, allorché la donna veniva violentemente tamponata, mentre era alla guida della sua Lancia Y10, dall’autovettura Nissan Micra,  riconosciutosi responsabile esclusivo dell’occorso.

Il giorno successivo all’incidente la donna, accusando forti dolori al rachide cervicale e lombare e un diffuso malessere psico-fisico, si recava al pronto soccorso dell’Aurelia Hospital di Roma, ove le veniva diagnosticata una distrazione dei muscoli lunghi del collo, senza che fosse possibile eseguire una radiografia, dato la gravidanza in atto.

A seguito di metrorragia, due giorni dopo il sinistro, la donna tornava al pronto soccorso, ove le veniva diagnosticata una minaccia di aborto; tre giorni dopo, precisamente il 9 maggio, a causa di una nuova metrorragia, veniva accertato l’aborto completo.

La Compagnia, riconosceva alla coppia Euro 600,00 per danni all’auto ed Euro 2.220,00 per danni della donna, ma non prendeva in considerazione la richiesta di risarcimento dei danni per il procurato aborto.

In giudizio veniva eccepito che la perdita del feto fosse riconducibile al sinistro e sussistente il nesso causale tra l’incidente e l’aborto.

Il Tribunale di Tivoli, con la sentenza n. 1707/2014, accoglieva la domanda attorea, ritenendo provati sia la responsabilità esclusiva della Nissan, sia i danni lamentati dagli attori, di conseguenza, condannava al pagamento della la somma di Euro 56.130,27 alla donna e quella di Euro 25.000,00 a favore del marito.

La decisione viene impugnata in appello con richiesta di CTU  onde accertare l’assenza di nesso causale tra l’incidente e l’aborto.

La Corte d’Appello, accoglieva parzialmente  il gravame ritenendo che non fosse stato provato, secondo il principio del più probabile che non, il nesso di derivazione causale tra l’incidente e l’interruzione della gravidanza, poiché: i) non era stata allegata la data di inizio della gravidanza; ii) il valore BETA HCG era risultato particolarmente basso sin dal primo giorno d’ingresso al P.S.; iii) mancava documentazione medica utile per accertare il corretto impianto del feto; iv) la gestante aveva 38 anni; v) il CTU non aveva fornito i chiarimenti richiesti circa la verosimiglianza del rapporto di causalità tra l’aborto e il trauma riportato nell’incidente stradale.

La coppia ricorre in Cassazione e deduce che  la CTU espletata in primo grado, ed integrata in appello, avrebbe confermato la sussistenza del nesso causale tra l’incidente e l’aborto secondo il criterio del più probabile che non, ma il Giudice di appello l’avrebbe disattesa senza indicare gli argomenti che lo avevano indotto a superare le conclusioni del CTU.

Secondo i ricorrenti, il CTU avrebbe fornito ampia risposta ai chiarimenti richiesti; in particolare, quanto all’inizio della gravidanza, avrebbe risposto al quesito postogli in ordine al se la gravidanza fosse stata accertata al momento del primo accesso al pronto soccorso o un mese prima, quando aveva dato atto che l’appellata si era recata al pronto soccorso incinta di poche settimane, qui aveva effettuato un test di gravidanza B HCG da cui era risultato un valore di 42,8 congruo con le settimane di gestazione; quanto al valore delle BETA HCG che la Corte d’Appello aveva ritenuto piuttosto basso, il CTU lo avrebbe ritenuto congruo con le prime settimane di gestazione; quanto al corretto impianto del feto, l’ausiliare avrebbe dato atto che prima della sesta settimana la camera gestazionale non era evidenziabile e quindi l’unico elemento per stabilire se fosse in atto una gravidanza era il valore delle BETA HGC; aveva anche indicato nella percentuale del 18% il rischio di aborto spontaneo delle donne di età compresa tra i 30 ed i 39 anni. E quanto al nesso di causa, il CTU aveva confermato che non poteva escludersi che l’aborto fosse stato causato dal trauma dell’incidente, secondo il criterio del più probabile che non.

La Corte d’Appello aveva, pur confermando che anche traumi di lieve entità possono provocare un’interruzione della gravidanza e pur rilevando il lasso temporale intercorso tra l’aborto e il trauma dell’incidente, attribuito ad altra causa, verosimilmente all’età della gestante, l’aborto per cui è causa.

Gli Ermellini ritengono il ricorso inammissibile.

Non è inquadrabile nell’omesso esame di un fatto storico la CTU, che è atto processuale che svolge funzione di ausilio del Giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti ovvero, in determinati casi, fonte di prova per l’accertamento dei fatti, in quanto essa costituisce mero elemento istruttorio da cui è possibile trarre il fatto storico, rilevato e/o accertato dal Consulente.

Il ricorso non ha evidenziato il fatto storico decisivo che sarebbe stato omesso nell’esame condotto dai Giudici di merito, limitandosi a denunciare una omessa valutazione delle risultanze della CTU e non già l’omesso esame di un fatto storico.

Evidenziano, inoltre i Supremi Giudici, che alla sentenza impugnata non può essere rimproverato di essere incorsa in un vizio motivazionale in quanto il vizio deve riguardare la motivazione in sé, a prescindere da argomenti che possono essere tratti, come avvenuto nel caso di specie, dal confronto con le risultanze processuali.

Avv. Emanuela Foligno

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