L’omessa diagnosi di neoplasia è ciò che viene contestato ai Sanitari in considerazione del fatto che il tumore era già in fase avanzata, tuttavia, una diagnosi precoce non avrebbe ridotto o evitato le lesioni patite dalla paziente (Tribunale di Crotone, Sez. I , Sentenza n. 521/2021 del  03/06/2021 RG n. 236/2017).

Omessa diagnosi di neoplasia, quindi, è la causa di citazione a giudizio dell’Azienda Sanitaria con richiesta di risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’errato trattamento sanitario.

La paziente deduce, che  in data 13.06.2015,  si recava in Pronto Soccorso, lamentando dolore pelvico e perdite ematiche e di essere stata sottoposta, a seguito di consulenza ginecologica, ad una blanda terapia con crema cortisonica. Successivamente, si recava nuovamente in ospedale in data 3.07.2015, lamentando sanguinamento a cui ha fatto seguito, all’esito di nuova consulenza, solamente un trattamento antinfiammatorio.

La donna, in data 3.8.2015, si sottoponeva ad approfonditi esami clinici in conseguenza dei quali veniva diagnosticata doppia neoplasia e quindi veniva sottoposta a intervento di asportazione dell’utero e delle ovaie.

Il Tribunale ritiene la domanda infondata ed evidenzia preliminarmente che  “sia nei giudizi di risarcimento del danno derivante da inadempimento contrattuale, sia in quelli di risarcimento del danno da fatto illecito, la condotta colposa del responsabile ed il nesso di causa tra questa e il danno costituiscono l’oggetto di due accertamenti concettualmente distinti, sicché la sussistenza della prima non dimostra di per sé la derivazione causale del danno dalla stessa, non potendo tale pregiudizio considerarsi in re ipsa per la sola allegazione e prova del comportamento colposo del danneggiante.

Nella responsabilità medica, è stato più volte ribadito che ” la violazione delle regole della diligenza professionale non ha un’intrinseca attitudine causale alla produzione del danno evento, potendo avere l’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie eziologia differente.

Il CTU, ha escluso il nesso di causalità tra il comportamento tenuto dai Sanitari e la verificazione del danno,  ovverosia la dedotta omessa diagnosi di neoplasia, sia in relazione al ricovero avvenuto in data 13.06.2015 (gestito dal primo Ginecologo), sia in relazione al ricovero avvenuto in data 3.07.2015 (gestito dal secondo Ginecologo).

In particolare, si legge nella CTU: “ è stato riscontrato  dal referto della Risonanza Magnetica eseguito  a distanza di un mese e mezzo dopo il primo ingresso in Ospedale, che non si trattava di un tumore ovarico in situ ma di un adenocarcinoma a cellule chiare bilaterale dell’ovaio G3 stadio FIGO IIB che, secondo la classificazione FIGO del Carcinoma ovarico (Linee Guida 2018 pag 23) alla voce Stadio IIB si legge ‘Estensione ad altri tessuti pelvici intraperitoneali’. Per cui si tratta di un tumore che aveva già prodotto metastasi addominali. Essendo il tumore già in fase avanzata, una diagnosi precoce non avrebbe ridotto o evitato le lesioni patite dalla perizianda, rendendo comunque necessario intervento chirurgico di asportazione dell’utero e ovaie, trattandosi, quest’ultimo, di un danno -evento  estraneo alla condotta dei sanitari “.

In altri termini, la diagnosi precoce di neoplasia, al posto della omessa diagnosi di neoplasia, non avrebbe ridotto o evitato le lesioni patite dalla donna.

Per tali ragioni, in difetto di elementi di prova contrari, viene ritenuto non provato il nesso di causalità e la domanda della donna viene respinta con condanna alle spese di lite.

Avv. Emanuela Foligno

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