Il Giudice contesta la CTU in quanto è stata compiuta ex post partendo dall’evento del decesso, per risalire a una presunzione di sintomi che non sarebbero stati annotati in cartella (Tribunale di Lecce, Sez. I, sentenza n. 2175 del 8 ottobre 2020)
Il marito della paziente cita a giudizio l’Azienda Ospedaliera di Lecce deducendo omesso monitoraggio di ematoma cranico e somministrazione di farmaci inadeguati che causavano il decesso.
In particolare, la donna cadeva dallo scooter sbattendo la testa e veniva trasportata in Ospedale dove veniva ricoverata in Neurochirurgia con diagnosi di ematoma subdurale dove veniva dimessa dopo 7 giorni.
Il giorno successivo alla dimissione la donna decedeva.
L’esame autoptico eseguito su richiesta del P.M. accertava come causa del decesso “polmonite” di talchè, secondo l’attore, la responsabilità della Struttura è comunque da affermarsi anche per inadeguata tutela della paziente che contraeva infezione ospedaliera.
La causa viene istruita con CTU Medico-legale e all’esito il Tribunale non ritiene accoglibile la domanda avanzata.
Preliminarmente il Tribunale evidenzia che l’azione intrapresa dall’attore jure proprio non rientra nelle norme inerenti la responsabilità contrattuale e nello specifico, responsabilità da contatto sociale qualificato.
Difatti, il rapporto contrattuale sorge solo tra il paziente e la Struttura o il Medico, con la conseguenza che la responsabilità può essere fatta valere dai congiunti solo jure hereditario.
In particolare, non è configurabile, come anche chiarito dalla Suprema Corte, in favore dei congiunti, un contratto con effetti protettivi del terzo, ipotesi che va circoscritta al solo contratto concluso dalla gestante con riferimento alle prestazioni sanitarie afferenti alla procreazione che, per la peculiarità dell’oggetto, è idoneo ad incidere in modo diretto sulla posizione del nascituro e del padre, sì da farne scaturire una tutela estesa a tali soggetti.
Ne consegue che l’attore, invocando una responsabilità extracontrattuale, è gravato del relativo onere probatorio.
Il CTU incaricato dalla Procura ha accertato che la morte della donna fu determinata da “arresto cardio-respiratorio per polmonite alveolo-interstiziale in fase di congestione/epatizzazione a focolai multipli, enfisema centrolobulare e fibrosi pleurogena in paziente con ematoma epidurale parietale sinistro post -traumatico”.
Il CTP, presente alle operazioni peritali, non ha condiviso le conclusioni del CTU, in quanto il 15.09.2008 non vi era alcun sintomo di polmonite e ha dunque sottolineato l’omesso monitoraggio di ematoma cranico.
Nello specifico, ha sostenuto che si trattò di “edema non adeguatamente monitorato, considerato remissivo nonostante non lo fosse, con omesso svolgimento di TC cranio prima della dimissione e somministrazione di farmaci controindicati in caso di edema cerebrale”.
Tale ricostruzione, tuttavia, oltre a non essere stata confermata dal Consulente della Procura, non ha ricevuto conferma neppure dalla CTU espletata nel corso del giudizio.
Parte attrice, eccepisce che “l’assenza di una polmonite in atto in data 15.09.2008 e che la paziente non aveva alcun sintomo di tale patologia e l’esame RX TORACE eseguito al momento del ricovero non ha evidenziato la presenza di alcun focolaio”, ritenendo che la polmonite sia stata contratta in Ospedale, con conseguente responsabilità.
Ciò non è stato confermato dalla CTU espletata, la quale ha seguito un metodo di analisi non corretto (ex post) ed è giunta comunque a conclusioni di dubbio e ipotesi, tali da non reggere al confronto con il criterio del “più probabile che non”.
Il CTU ha sviluppato la propria analisi integralmente ex post, partendo dal risultato emerso a seguito dell’esame autoptico e traendo da quello delle conclusioni neppure conformi alle allegazioni delle parti.
La CTU, infatti, ha concluso che, “essendo la sig.ra XXXX deceduta per polmonite, necessariamente la stessa deve aver presentato dei sintomi già durante il ricovero”.
Tale valutazione è stata compiuta partendo dall’evento del decesso, per risalire a una presunzione di sintomi che non sarebbero stati annotati in cartella.
Si legge nell’elaborato: “In aggiunta ed a riprova e sostegno l’assenza di alterazioni pleuro -polmonari evidenziabili all’esame Rxgrafico in barella eseguito a distanza di alcune ore dall’incidente di buona risoluzione ma con le limitazioni dovute all’unica proiezione effettuata se non per un rinforzo diffuso del disegno polmonare che potrebbe essere interpretato, ex -post, quale primo segno strumentale dell’ARDS. Riscontro che, seppur con tutte le cautele del caso stante l’unica proiezione, escluderebbe la “pre-esistenza” della patologia polmonare.” ……..” nel caso specifico, a fronte della poche “certezze”: decesso per danno polmonare in soggetto politraumatizzato della strada ospedalizzato per osservazione neurochirurgica e dimesso in quanto “asintomatico”, più di una è la “presunta e presumibile” causa eziologica. “Asintomaticità respiratoria” anch’essa purtroppo “presunta” in quanto come già più volte sottolineato la cartella clinica è del tutto “silente” e/o “carente” in tal senso. Ancora il riscontro autoptico di danno polmonare diffuso e bilaterale così come descritto all’esame istologico se da un lato ben si accorda con un quadro di ARDS o evoluto in ARDS e quindi con un inizio sfumato dei sintomi, dall’altro mal si correla ad una assoluta “asintomaticità” di apparato nei 7 -8 giorni di “osservazione” ospedaliera “conclamatasi” nella sua drammaticità con una “morte improvvisa” .
Ed ancora: ” presunzione plausibile quella di una sindrome simil influenzale con sintomi minimi che si “giustifica” stante la carenza documentale della cartella clinica pur potendosi al contempo “presumere ” che il “rilievo” dei dati clinico -strumentali relativi all’apparato cardio – respiratorio avrebbe consentito di porre la diagnosi “.
La CTU riconosce ” contrasto lessicale tra “certezze” e “presunzioni” volontariamente più volte utilizzato allo scopo di “rimarcare” la difficoltà di esprimere un motivato parere secondo la criteriologia medico legale ed alla luce del “più probabile che non ” ……”Conclusioni purtroppo sostenute più che da certezze, stante anche l’infruttuoso tentativo di una rivalutazione degli esami strumentali eseguiti nel corso del ricovero, da ipotesi sebbene plausibili che trovano quale unico dato incontrovertibile l’assenza in cartella clinica di un esame obiettivo completo nel ricovero di 8 giorni per osservazione neurochirurgica e la causa di morte accertata mediante esame autoptico corredato da prelievi istologici.”
Alla luce delle considerazioni del Consulente, il Tribunale evidenzia che permangono “mere ipotesi ricostruite ex post, sulla base dell ‘evento che condusse la sig.ra alla morte, senza che siano mai stati indicati dei sintomi che la paziente avrebbe manifestato durante il corso del ricovero”….. e che “la domanda di parte attrice non parte da un ‘allegazione di polmonite non correttamente diagnosticata e i cui sintomi non furono riconosciuti, ma da una premessa di infezione nosocomiale che non è stata in alcun modo dimostrata.”
In conclusione il Tribunale rigetta la domanda e condanna gli attori al pagamento delle spese di lite e di CTU.
La decisione commentata non è condivisibile.
E’ incomprensibile quanto affermato “la domanda di parte attrice non parte da un ‘allegazione di polmonite non correttamente diagnosticata e i cui sintomi non furono riconosciuti, ma da una premessa di infezione nosocomiale che non è stata in alcun modo dimostrata”.
Le affermazioni: “l’asintomaticità respiratoria è presunta, anzi non riportata in cartella”, e il “rilievo dei dati clinico-strumentali relativi all’apparato cardio – respiratorio avrebbe consentito di porre la diagnosi”, partono dal presupposto che sussistono delle omissioni.
Omissioni di tenuta della cartella clinica e omissioni di rilievi dei dati clinico-strumentali inerenti l’apparato cardio-respiratorio. Ebbene, in base al criterio di vicinanza della prova, tali “omissioni” non dovrebbero pesare contro il paziente, ma contro la Struttura.
Ed ancora, il fatto che parte attrice abbia utilizzato il termine “infezione nosocomiale”, in luogo di “polmonite”, non ha peso giuridico in quanto sia la prima (infezione indicata genericamente), sia la seconda (infezione specifica) sono pacificamente ascrivibili al ricovero e in tal senso vi è la dimostrazione della radiografica toracica eseguita il primo giorno di ricovero.
Del tutto incomprensibile, oltrechè inaccettabile, la conclusione della CTU laddove riconosce espressamente “contrasto lessicale tra “certezze” e “presunzioni” volontariamente più volte utilizzato allo scopo di “rimarcare” la difficoltà di esprimere un motivato parere secondo la criteriologia medico legale ed alla luce del “più probabile che non ” ……”Conclusioni purtroppo sostenute più che da certezze, stante anche l’infruttuoso tentativo di una rivalutazione degli esami strumentali eseguiti nel corso del ricovero, da ipotesi sebbene plausibili che trovano quale unico dato incontrovertibile l’assenza in cartella clinica di un esame obiettivo completo nel ricovero di 8 giorni per osservazione neurochirurgica e la causa di morte accertata mediante esame autoptico corredato da prelievi istologici”.
La “criteriologia” cui fa riferimento il CTU, corroborata da chiaro e fermo indirizzo giurisprudenziale, impone, in specie di causa incerta, l’indicazione tra le cause incerte di quella più probabile che non. Ciò in quanto l’incertezza, non può, e non deve, gravare sul paziente danneggiato.
Ed ancora, non si comprende cosa intenda dire il CTU laddove afferma che il tentativo di rivalutare gli esami strumentali eseguiti nel corso del ricovero sia stato infruttuoso.
Infine, il CTU non pare abbia ben chiarito perché a fronte di una radiografia che lui stesso commenta: “Riscontro che, seppur con tutte le cautele del caso stante l’unica proiezione, escluderebbe la “pre-esistenza” della patologia polmonare.” ……, per poi concludere l’elaborato con delle mere ipotesi.
Orbene, se è vero che in ambito civilistico il nesso di causalità fra condotta ed evento consiste nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo il criterio ispirato alla regola della normalità causale del “più probabile che non “, non rileva che tale accertamento non sia idoneo a garantire una assoluta certezza al di là di ogni ragionevole dubbio.
Avv. Emanuela Foligno
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