Tribunale di Civitavecchia e Corte d’Appello di Roma confermano la condanna per il reato di omicidio stradale e la Cassazione rigetta il ricorso (Cassazione penale, sez. IV, 17/01/2024, n.1958).
La vicenda
Il motociclista veniva condannato per il reato di omicidio stradale ai danni di un pedone.
In particolare, veniva contestato all’imputato (che circolava con patente revocata) di avere, in presenza di una doppia linea continua, effettuato una manovra di sorpasso dei veicoli che lo precedevano a una velocità di 105 Km/h, superiore al limite di 90 km/h vigente, mentre si trovava alla guida di una moto YAMAHA. Aveva, così, investito la vittima, intenta nell’attraversamento della strada, cagionandone le lesioni alle quali era seguita la morte.
I Giudici penali, nel formulare la condanna, davano atto che dalle tracce di frenata, era stata ricavata la eccessiva velocità di marcia della moto che colpiva il pedone scagliandolo con violenza in una scarpata.
Sul punto, il GUP, sulla scorta delle risultanze della CTU, aveva precisato che l’incidente era intervenuto in orario diurno con tempo sereno e traffico intenso, lungo un rettilineo in buone condizioni, a carreggiata unica con doppio senso di marcia, insistendo all’altezza del punto d’urto una fermata dell’autobus che la vittima, secondo quanto dichiarato dal marito, era solita prendere per recarsi al lavoro.
Il punto d’urto era stato localizzato alla fine della traccia di frenata lasciata lungo la linea di mezzeria per 3,25 metri sulla corsia del lato opposto di marcia e la velocità stimata in 105 Km/h. Il GUP sottolineava proprio quest’ultimo aspetto, ovverosia che il punto d’urto non era stato localizzato all’inizio dell’attraversamento del pedone, quindi sulla destra della corsia di marcia, bensì sulla linea di mezzeria.
La velocità della moto
In definitiva, la velocità della moto non aveva avuto un rilievo unico e decisivo, dovendosi valutare la complessiva condotta del motociclista, pur con il concorso della vittima in misura paritaria. Punto centrale dell’intera vicenda è stato ritenuto quello della prevedibilità e, quindi, evitabilità dell’impatto.
Anche la Corte d’Appello ha ritenuto dirimente la circostanza che il pedone aveva quasi ultimato l’attraversamento. Inoltre, ha valorizzato la localizzazione certa del punto d’urto, al termine della traccia di frenata impressa dal motociclo lungo la linea di mezzeria (vigente divieto di soprasso), rinvenuta al centro della carreggiata. Tale localizzazione è stata ricondotta con verosimiglianza a una manovra di sorpasso. Richiamate le altre considerazioni svolte dal primo Giudice hanno, poi, valorizzato la presenza della fermata segnalata del bus che aveva reso del tutto prevedibile la presenza di passeggeri scesi dal mezzo in fase di attraversamento della strada, ritenendo che il concorso causale dell’imputato era stato tutt’altro che marginale.
Il giudizio di Cassazione
Il motociclista impugna la decisione in Cassazione lamentando la violazione del canone di giudizio dell’oltre ragionevole dubbio, il ritenuto superamento del limite di velocità e la errata valutazione delle prove.
Tutte le censure vengono respinte.
L’imputato ha ritenuto che la decisione di secondo grado si fondasse su un giudizio di verosimiglianza, laddove, invece, il ragionamento esplicativo contenuto nella sentenza impugnata sia quanto alla regola violata, che alla prevedibilità della presenza del pedone in attraversamento, è stato correttamente agganciato alle risultanze emerse dal compendio probatorio debitamente richiamato.
Pertanto, gli Ermellini ribadiscono la nota regola della estraneità, al vaglio di legittimità, degli aspetti del giudizio che si sostanziano nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito e non possono essere apprezzati dalla Corte di Cassazione, se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa.
L’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché rientri nel limite della prevedibilità
È preclusa alla Corte di Cassazione la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti. Difatti, in ordine alla ricostruzione della dinamica del sinistro, alla condotta di guida del motociclista e al comportamento della vittima, le censure difensive riprendono le doglianze prospettate già al Giudice d’Appello, senza essere precedute da un effettivo confronto con le ragioni complessive che hanno indotto la Corte di merito a confermare la condanna.
Infine, viene rammentato che, nella specifica materia della circolazione stradale, l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché rientri nel limite della prevedibilità. In particolare, l’obbligo di moderare adeguatamente la velocità di marcia, in relazione alle caratteristiche del veicolo, ed alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente prevedibili.
Avv. Emanuela Foligno