Respinto il ricorso di un automobilista accusato di omissione di soccorso in seguito a un incidente, pur essendosi fermato momentaneamente
Con l’ordinanza n. 25897/2020 la Cassazione ha respinto, in quanto manifestamente infondato, il ricorso di un automobilista condannato in sede di merito alla pena di 9 mesi di reclusione, oltre alla sanzione amministrativa della sospensione della patente per anni 2 e mesi 6, per omissione di soccorso (l’art. 189, commi 6 e 7, del codice della strada) dopo un sinistro stradale.
Nel ricorrere per cassazione l’imputato deduceva il difetto o la manifesta illogicità della motivazione in ordine all’elemento soggettivo del dolo, la cui sussistenza era stata desunta in base ad una massima di esperienza, contraddetta dai fatti, posto che egli sosteneva di essersi fermato per accertarsi delle condizioni della persona offesa.
La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto la motivazione della sentenza impugnata congrua ed esaustiva relativamente a tutti gli elementi costitutivi del reato e, peraltro, conforme agli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di circolazione stradale, “risponde del reato previsto dall’art. 189, comma 6, cod. strada, (c.d. reato di fuga), il soggetto che, coinvolto in un sinistro con danni alle persone, effettui soltanto una sosta momentanea, senza fornire le proprie generalità”.
Gli Ermellini hanno ritenuto esente da vizi la decisione del Giudice a quo che aveva affermato la responsabilità del conducente.
Quest’ultimo, infatti, avendo investito due pedoni minorenni, era sceso dall’auto solo dopo che una persona che aveva assistito all’impatto si era posta davanti al mezzo indicando le vittime, e si era poi allontanato senza fornire le proprie generalità, stanti le rassicurazioni fornite dalle persone offese circa il proprio stato di salute, nonostante la violenza dell’urto idonea ad arrecare danno alle persone.
L’obbligo di fermarsi e prestare assistenza agli eventuali feriti, in caso di incidenti, grava – precisano dal Palazzaccio – direttamente su colui che si trova coinvolto nell’incidente medesimo, il quale è dunque tenuto ad assolverlo indipendentemente dall’intervento di terzi e senza poter fare affidamento sull’invocato intervento della polizia o di altra autorità già allertate, almeno fino a quando non abbia conseguito la certezza dell’avvenuto soccorso.
L’elemento soggettivo del reato di mancata prestazione dell’assistenza occorrente in caso di incidente (art. 189, comma 7, cod. strada) può essere integrato anche dal dolo eventuale, ravvisabile in capo all’agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall’incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non ottemperi all’obbligo di prestare assistenza ai feriti.
Nel caso di specie, il Collegio distrettuale aveva evidenziato, in modo non manifestamente illogico, che, da un lato, la violenza dell’urto, desumibile anche dal danno, avrebbe dovuto porre il ricorrente “nella condizione di ben rappresentarsi la concreta idoneità dell’impatto a provocare lesioni alle persone, con conseguente obbligo, dunque, di fermarsi e palesarsi” e, dall’altro, la breve sosta dell’imputato non fosse idonea ad integrare l’adempimento degli obblighi di cui all’art. 189 cod.strada.
La redazione giuridica
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