I Giudici, pur dando atto che l’omosessualità era duramente perseguita nello Stato di provenienza del cittadino straniero, non hanno rilevato alcuna minaccia individuale da parte del Paese di provenienza nei confronti del ricorrente

Con la sentenza n. 6574/2020 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un cittadino nigeriano che si era visto rigettare la domanda volta ad ottenere lo status di rifugiato, ovvero la protezione umanitaria o quella umanitaria, in quanto costretto a lasciare la sua città per il timore di essere arrestato a causa della sua omosessualità, punita assai severamente nel Paese africano.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente eccepiva, tra gli altri motivi, che il tribunale avesse omesso di valutare correttamente l’attendibilità delle sue dichiarazioni in relazione alla propria omosessualità e di non aver accertato la situazione di persecuzione e grave restrizione della libertà personale esistente in Nigeria a carico degli omosessuali, senza attivare i propri poteri istruttori officiosi.

Per i Giudici Ermellini, tuttavia, il ricorso non merita accoglimento.

Il Tribunale, infatti, aveva ampiamente motivato la ritenuta inattendibilità del racconto sulla omosessualità del ricorrente – tenendo conto anche delle discrasie emerse tra l’audizione dinanzi alla Commissione territoriale e l’interrogatorio libero espletato in udienza – e, pur dando atto che l’omosessualità era duramente perseguita in Nigeria, aveva ritenuto che si fosse semmai trattato di “rapporti mercenari” vissuti come un “lavoro”.

I Giudici del merito avevano concluso che risultava “non verificata, neppure in termini di verosimiglianza, quella caratteristica così fondamentale per la persona di cui argomenta la CEDU”, né risultava esservi stata “alcuna minaccia individuale da parte dello Stato o comunque di organi statali nei confronti del ricorrente”, fermo restando il difetto del “requisito dell’attualità del pericolo di persecuzione”, trattandosi di fatti risalenti al 2015 ed avendo il ricorrente dichiarato in sede di interrogatorio libero “di non avere mai ricevuto mai alcuna condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte o ad altra forma di pena”.

La redazione giuridica

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