Osteosintesi percutanea erroneamente trattata in esito a frattura scomposta dell’omero viene lamentato dal paziente che adisce il Giudice di secondo grado eccependo la nullità della CTU (Corte Appello Palermo sez. I, 22/02/2022, n.280) .
Osteosintesi percutanea erroneamente trattata viene dedotto nella chiamata a giudizio dell’USL di Marsala e del Medico.
Il paziente chiede la condanna in solido dei convenuti al risarcimento del danno per l’errato trattamento chirurgico cui era stato sottoposto in esito a una “frattura scomposta pluriframmentaria dell’omero prossimale sinistro”, provocata da una caduta accidentale.
Il Tribunale adito, disattesa l’eccezione di nullità della CTU, rigettava la domanda.
Tanto premesso, con il primo motivo di gravame, l’appellante si duole che non sia stata dichiarata la nullità della CTU, benché le parti non avessero ricevuto avviso delle indagini del CTU.
In tema di CTU, alle parti vanno comunicati il giorno, l’ora e il luogo di inizio delle operazioni peritali, mentre non deve essere data comunicazione delle indagini successive, incombendo alle parti l’onere d’informarsi sul prosieguo di queste, al fine di parteciparvi.
In ogni caso, l’omissione di simili comunicazioni non è, di per sé, ragione di nullità della CTU, che si ha soltanto quando ne sia derivato un pregiudizio del diritto di difesa, il quale non ricorre qualora risulti che le parti, con avviso anche verbale o in qualsiasi altro modo, siano state egualmente in grado di assistere all’indagine o di esplicare in essa le attività ritenute convenienti.
Il CTU ha dato avviso alle parti dell’inizio delle operazioni peritali in data 14.11.2013 e, su espressa richiesta del CTP dell’attrice ha, poi, disposto che costei si sottoponesse ad accertamenti radiologici e a esame MOC total body.
Disattesa la predetta censura, i Giudici d’Appello dispongono la rinnovazione delle indagini peritali.
In esito al rinnovo della CTU, è emerso che, in data 2.2.2008, a seguito di una caduta accidentale, la paziente ha riportato una “frattura scomposta omero sinistro”, per cui il giorno successivo è stata ricoverata presso il Presidio Ospedaliero di Castelvetrano e l’8.2.2008 è stata sottoposta a intervento chirurgico di osteosintesi percutanea con due fili di K. Successivamente è stata dimessa, con diagnosi di frattura scomposta pluriframmentaria omero prossimale sinistro, e, a seguito di controlli clinici e medicazioni, in data 1.4.2008 è stata nuovamente ricoverata per la rimozione dei mezzi di sintesi (Fili di K).
Successivamente, visitata da uno specialista, le è stato refertato “omero sinistro (non dominante) dolente al suo terzo prossimale. Abduzione ed elevazione possibili attivamente fino a 45 gradi. Ipoestesia all’ascella, Ipotrofia dei muscoli satelliti della spalla” e, all’esito di RX ed EMG, è stata riscontrata “non consolidazione di frattura prossimale di omero sinistro. E.O.: focolaio di frattura clinicamente instabile con abduzione ed elevazione possibili fino a 45 gradi”.
Il CTU ha ritenuto la sussistenza di profili di responsabilità professionale a carico dei sanitari che hanno sottoposto a intervento chirurgico di osteosintesi percutanea l’attrice.
Infatti, secondo il CTU, nonostante la correttezza dell’opzione chirurgica, resa necessaria dalla presenza di una frattura scomposta, “il chirurgo è incorso in errore nell’eseguire l’osteosintesi percutanea soltanto con 2 fili di Kirschner, insufficienti a dare stabilità ai frammenti a causa dell’osteoporosi senile, mentre avrebbe dovuto utilizzarne un maggior numero, per riempire il canale midollare e per stabilizzare meglio i frammenti, o applicare due chiodi di Ender, infissi per via retrograda in posizione divergente, o altri chiodi (ad esempio Rush, Kuntscher, etc.), bloccandoli con viti stabilizzanti.”
Dal che è derivata “una limitazione funzionale della spalla sinistra pari a 2/3”, che ha determinato la protrazione per altri 30 giorni dell’inabilità assoluta e per altri 60 giorni dell’inabilità temporanea parziale, che sarebbero state, rispettivamente, di 40 e di 30 giorni in caso di trattamento corretto, nonché un danno biologico nella misura del 10%.
La Corte d’Appello condivide le conclusioni del Consulente e ritiene accertata la colpa professionale nell’esecuzione dell’intervento di osteosintesi percutanea.
Respinta, invece, la lamentata violazione del diritto all’autodeterminazione, perché l’intervento di osteosintesi percutanea è stato concordato dal chirurgo con la stessa paziente e i suoi familiari sulla base di una valutazione fondata sull’analisi scrupolosa dei rischi operatori in una paziente anziana con patologie, nonché sui benefici del trattamento meno cruento.
Conclusivamente, la Corte d’Appello, Prima Sezione Civile, in accoglimento dell’appello condanna la ASL di Trapani e il Medico a pagare la somma di Euro 27.640,36, al lordo dell’importo già corrisposto di Euro 20.000,00.
Avv. Emanuela Foligno
Sei vittima di errore medico o infezione ospedaliera? Hai subito un grave danno fisico o la perdita di un familiare? Clicca qui
Leggi anche:
La prescrizione dell’indennizzo per le patologie derivanti da emotrasfusione