La sentenza in commento affronta un caso di parto prematuro con gravi conseguenze per il neonato, analizzando le responsabilità mediche legate all’omesso trasferimento della gestante in una struttura adeguata (Cassazione civile sez. III, 21/06/2024, (ud. 05/04/2024, dep. 21/06/2024), n.17154).
I Giudici condannano in solido la Casa di Cura G.M. e la ginecologa a risarcire i danni subìti in conseguenza delle patologie sofferte dal bambino, il quale, in data 14 ottobre 2007, era nato a seguito di parto prematuro e al quale, dopo essere stato traferito, un’ora dopo il parto, presso il Centro UTIN di Catania, erano stati diagnosticati “paralisi cerebrale infantile a tipo diplegia spastica con maggiore impegno dell’emilato destro, deficit visivo di origine centrale e periferica, immaturità dello sviluppo psichico globale in bambino nato pretermine di alto grado con segni di sofferenza perinatale, con patogenesi del disturbo apparentemente riconducibile ad esiti di sofferenza ipossicoischemica in epoca perinatale”.
Omesso trasferimento della paziente e parto prematuro
Alla ginecologa è stato addebitato di non avere predisposto tempestivamente il trasferimento della gravida, gestante con pregressa rottura delle membrane amniocoriali, in una struttura dotata di adeguato supporto specialistico neonatologico e di terapia intensiva neonatale. Ciò, sebbene, da un lato, la paziente fosse stata ricoverata nella Casa di cura G.M. per 21 giorni, manifestando, il giorno 13 ottobre 2007, uno stillicidio ematico dai genitali esterni con totale assenza di liquido amniotico, mentre, dall’altro lato, la Casa di Cura non disponeva in sala operatoria di un pediatra o di un neonatologo, né di una struttura di terapia intensiva neonatale.
Ergo, la grave asfissia perinatale rilevata nell’immediatezza dai sanitari dell’UTIN del Policlinico di Catania è causalmente ricollegabile alla poco diligente condotta dei sanitari della Casa di Cura G.M. La Corte territoriale, oltre ad avere confermato la responsabilità dei convenuti, ha altresì confermato la liquidazione dei danni svolta dal Tribunale.
Impugnazione in Cassazione e contestazione del nesso causale
La Casa di Cura impugna la sentenza in Cassazione e deduce che l’accertamento della responsabilità della Casa di Cura e della ginecologa, per avere omesso il tempestivo trasferimento della gestante in una struttura dotata del presidio di terapia intensiva neonatale, contrasterebbe con i principi e gli orientamenti giurisprudenziali in tema di accertamento del nesso di causalità nelle fattispecie di responsabilità medica.
La Cassazione rileva sin da subito che i motivi dedotti, nella sostanza propongono un diverso apprezzamento delle circostanze di fatto e una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, omettendo di considerare che l’una e l’altra attività sono riservate al Giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi.
Onere della prova e valutazione del danno
In secondo luogo, i Giudici di appello hanno correttamente attribuito gli oneri probatori alle parti, secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla distinzione tra fatti costitutivi ed eccezioni, reputando che gli attori avessero assolto l’onere – loro spettante – di provare il nesso causale tra l’allegato inadempimento della struttura sanitaria e il danno da loro subìto.
Viene ribadita la contestazione dell’accertamento relativo alla misura del danno biologico del minore, reputato pari al 40%, previa critica della statuizione della sentenza d’appello che aveva ritenuto aspecifica la relativa censura mossa alla sentenza di primo grado. Ribadita, altresì, l’applicazione delle tabelle milanesi e l’assimilazione della sofferenza patita dai genitori a causa delle malformazioni del figlio a quella patita a causa della morte.
Queste censure, tuttavia, non deducono alcun error in iudicando ma invocano, inammissibilmente, un giudizio di fatto alternativo a quello correttamente espresso dal Giudice del merito sul grado di inabilità permanente riscontrato in capo al minore, nonché sulla liquidazione di tale pregiudizio e su quella del danno non patrimoniale derivante dalla lesione del rapporto parentale, accertata in capo ai genitori. Infine, non è censurabile in Cassazione la statuizione di merito che abbia motivatamente aderito alle conclusioni della CTU se non si deduca ad es. l’omesso o incompleto esame delle risultanze della perizia sub specie di mancata considerazione di un fatto storico discusso e decisivo.
Avv. Emanuela Foligno