Entrambi i Giudici ritengono assente la responsabilità del Ginecologo perché non era prevedibile la patologia che aveva colpito la donna e che ha portato poi al parto prematuro. Con la decisione qui a commento la Cassazione rammenta l’importante principio secondo cui le regole sull’onere della prova sono disposizioni di giudizio residuali rispetto al principio di acquisizione probatoria e trovano applicazione solo in presenza di un fatto rilevante rimasto ignoto sulla base delle emergenze probatorie.
Il caso e il parto prematuro
Il caso vede una coppia di coniugi impugnare la sentenza della Corte di appello di Palermo di rigetto della decisione del Tribunale di Sciacca che, a sua volta, aveva respinto le domande proposte nei confronti della Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento e del medico ginecologo L.I.
Secondo i danneggiati, il Ginecologo nonostante la gravida avesse accusato un’intensa cefalgia in occasione dell’accesso all’Ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca in data 28/01/13, non effettuava un controllo pressorio limitandosi a prescrivere “Tachipirina supposte per tre giorni”, così da aver indotto nella paziente, il successivo 30/01/13, una crisi ipertensiva che aveva determinato l’esecuzione di un parto prematuro cesareo, con necessità di isterectomia e conseguente perdita della capacità di procreare ad anni 28, nonché il ricovero del neonato sino al 14/02 successivo presso l’Unità di Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale di Agrigento.
Il Tribunale di Sciacca ha rigettato la domanda, rigetto confermato dalla Corte di appello, sulla scorta delle risultanze istruttorie e degli esiti dell’espletata CTU, ha ritenuto che “il dott. L. non era nelle condizioni di individuare lo stato di preeclampsia in cui versava la donna, né di prevedere la susseguente patologia che aveva colpito la paziente e di prevenirne gli esiti dannosi sulla base dei dati di cui disponeva”.
Argomentazioni della Corte siciliana e il ruolo della CTU
Successivamente, la Corte siciliana argomentava:
- essendo pur vero che il CTU ha segnalato criticamente la carenza della documentazione clinica esistente, in particolare evidenziando la mancanza di informazioni sui sintomi riferiti dalla paziente in pronto soccorso e anche la scarsezza di documentazione clinica utile per trarne l’esistenza di altri sintomi patognomici possibili indicatori del viraggio verso la patologia ipotizzata, cioè preeclampsia/eclampsia”, ma “la negligenza segnalata dal Consulente riguarda la generale gestione delle attività sanitarie e non propriamente l’evento che ha colpito la donna, rispetto alla quale i documenti esaminati dall’ausiliario riportano il dato relativo alla pressione arteriosa omerale, essenziale per acclarare la patologia eclamptica”.
- il CTU “ha ricavato la conoscenza dei dati clinici utilizzati per rispondere ai quesiti dalla documentazione prodotta dal Ginecologo e relativa alla visita del 28/01/13, cioè dal registro delle consegne infermieristiche e dal registro delle consegne ostetriche, e su di essi ha riscontrato che i valori della PAO rilevati sulla paziente erano nella norma”, precisando, quindi, che “la cefalea non costituiva un sintomo sufficiente a suscitare allarme a fronte dei valori pressori normali riscontrati”, così da escludere “che durante la visita del 28/01/13 sarebbe stato possibile prevedere la crisi ipertensiva poi insorta, diagnosticare la patologia sottostante e intervenire per prevenirne le conseguenze” e ciò “sia perché nella sua storia naturale l’insorgenza delle convulsioni (l’eclampsia) può essere improvvisa, senza che sia preceduta dall’attesa progressione della patologia preeclamptica, sia perché gli esami di laboratorio eseguiti in data 30/01/13, in occasione degli attacchi eclamptici erano nella norma (con l’eccezione della proteinuria), sicché con elevato grado di probabilità lo sarebbero state anche due giorni prima, quando la condizione clinica era ancora nella sua fase iniziale”.
- andava, dunque, confermata la decisione di primo grado, poiché, “se il criterio clinico essenziale per la diagnosi di eclampsia è l’innalzamento della pressione arteriosa, il dato di normalità riscontrato nella gestante al 28/01/13 esclude la negligenza o imperizia del sanitario che non ha diagnosticato e previsto la futura insorgenza”.
La questione al vaglio della Corte di Cassazione e le doglianze dei danneggiati
La questione viene posta al vaglio della Corte di Cassazione, che rigetta in toto le argomentazioni dei danneggiati. Da un lato, viene sostenuta violazione del diritto del contraddittorio e del diritto di difesa del minore, poiché il Tribunale, a seguito dell’udienza di comparizione del 5 maggio 2015, aveva “posto a carico della parte attrice due oneri processuali di impossibile conciliazione logica e procedurale”, ossia aveva concesso termine per le memorie ex art. 183, comma sesto, c.p.c. e, contestualmente, aveva imposto ad essi attori l’onere di farsi autorizzare dal giudice tutelare “in ordine alla permanenza in giudizio del minore… nel termine di giorni 30 a decorrere sempre dalla suddetta prima udienza di comparizione”.
Così da comprometterne “la facoltà di difesa sia in termini quantitativi (in sede di stesura delle memorie istruttorie, quantomeno) rispetto ai convenuti, che qualitativi in quanto la concessione dell’autorizzazione da parte del G.T. avrebbe avuto certamente delle conseguenze circa l interesse dei genitori alla prosecuzione del giudizio”.
Dall’altro, una illegittima inversione dell’onere della prova in materia di responsabilità contrattuale e medica perché, pur ritenendo esserci un quadro di gravissima carenza probatoria in capo ai convenuti, i Giudici hanno concluso con una assenza di responsabilità.
Decisione della Corte di Cassazione e il principio di acquisizione probatoria
Come già detto, la S.C. rigetta tutte le doglianze. Quanto deciso dal secondo grado risulta allineato al principio, ormai pacifico, secondo cui l’appellante non può limitarsi a dedurre detta violazione, ma deve specificare quale sarebbe stato il thema decidendum sul quale il Giudice di primo grado si sarebbe dovuto pronunciare.
Ed ancora, riguardo la documentazione prodotta in giudizio dal Ginecologo, la decisione della Corte territoriale ha correttamente applicato il principio, consolidato, secondo cui rientra nella valutazione della rilevanza del documento per la decisione della causa, demandata al Giudice di merito per autorizzare la proposizione della querela di falso in via incidentale, e quindi sospendere il giudizio principale, esaminare se i mezzi di prova offerti sono idonei, astrattamente considerati ed indipendentemente dal loro esito, a privare di efficacia probatoria il documento impugnato.
Venendo ora, alla lamentata inversione degli oneri probatori, la Cassazione rammenta che le regole sull’onere della prova sono disposizioni di giudizio residuali rispetto al principio di acquisizione probatoria – secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute, concorrono alla formazione del libero convincimento del giudice (non condizionato dalla loro provenienza) – e trovano, dunque, applicazione solo in presenza di un fatto rilevante rimasto ignoto sulla base delle emergenze probatorie (evenienza esclusa nel caso di specie). Il Giudice di merito non ha applicato la regola residuale dell’art. 2697 c.c., ma ha ritenuto raggiunta, in base alle risultanze agli atti la prova dell’assenza di negligenza o di imperizia nella condotta del Ginecologo, così da escludere l’inadempimento della prestazione sanitaria.
Nesso eziologico e accertamento della Corte territoriale
Le censure di parte ricorrente non si coniugano con la ratio decidendi perché riguardano il tema della prova del nesso eziologico tra condotta ed evento di danno, su cui non è affatto incentrata la decisione della Corte territoriale. Intrinsecamente, quindi, sono illegittimamente orientate a criticare la quaestio facti accertata dal Giudice di merito sulla scorta delle risultanze istruttorie. Nel concreto, difatti, ciò che viene criticato è proprio l’accertamento della Corte territoriale sulla realtà materiale, e cioè sugli aspetti fattuali che, nel condividere le conclusioni della CTU espletata, l’hanno condotta ad escludere la responsabile civile del Ginecologo per il danno lamentato dagli attori.
Avv. Emanuela Foligno
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