Non costituisce mutamento della domanda la circostanza che, dopo avere allegato nell’atto introduttivo che l’errore sia consistito nell’imperita esecuzione di un intervento chirurgico, nell’atto conclusivo si alleghi, invece, che l’errore sia consistito nell’inadeguata assistenza postoperatoria o ritardo nelle cure rianimatorie (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 2 dicembre 2024, n. 30860).
I fatti
Coniuge, figlie e nipoti della vittima intraprendono giudizio civile nei confronti della ASL di Taranto chiedendo il risarcimento del danno per la morte del congiunto cagionata da responsabilità sanitaria dopo l’accesso al Pronto Soccorso dell’ospedale S.S. Annunziata, lamentando una sintomatologia riconducibile ad acuta patologia cardiaca, e per la quale gli era stato assegnato il codice giallo, in luogo di quello rosso.
I parenti riportano che il paziente veniva “abbandonato in sala d’attesa del Pronto Soccorso per oltre un’ora senza alcun accertamento strumentale o terapia di alcun genere… Dopo oltre un’ora di attesa ed in assoluta assenza di qualsivoglia prestazione subiva una sincope, cadeva in stato di incoscienza e dalla sala d’attesa veniva trasferito in sala di rianimazione solo alle ore 21.01…
Il codice rosso avrebbe comportato un accesso immediato del paziente ai monitoraggi ed alle cure dei caso, dunque alla sopravvivenza dello stesso proprio perché vi sarebbe stato tutto il tempo di accertare la malattia e fornire tempestive cure in largo anticipo alla sincope che si verificava dopo un’ora abbondante di attesa…” con ritardo nelle cure rianimatorie.
La vicenda giudiziaria
Il Tribunale accoglie la domanda a titolo di ristoro del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale. Con sentenza del 21 ottobre 2021 la Corte d’appello di Taranto accoglie l’appello, rigettando la domanda dei familiari della vittima.
Secondo la Corte pugliese gli inadempimenti allegati erano l’attribuzione del codice giallo, in luogo di quello rosso, e la mancata osservanza dei protocolli sanitari previsti nel caso di codice giallo, ma non il ritardo nelle cure rianimatorie. Osserva che, secondo quanto concluso dai Consulenti, anche in caso di approccio corretto al paziente e di corretta applicazione delle linee guida, non sarebbe stato possibile evitare il verificarsi della fibrillazione ventricolare (FV), non essendo possibile prevedere ed evitarla in base al risultato del tracciato del primo elettrocardiogramma (ECG), il quale aveva segnalato una “normale attività cardiaca soprattutto per ciò che riguarda la regolarità del ritmo”, sicché la condotta dei medici del Pronto Soccorso non aveva avuto efficacia causale nell’evento morte.
Precisano anche i Giudici di appello che la vittima era già affetta da “miocardiopatia ischemica cronica” che da sola, anche se trattata correttamente, era in grado di causare il decesso e che, anche qualora l’ECG avesse rivelato un infarto miocardico in atto, sempre secondo la CTU, “non si sarebbe potuti intervenire con procedure di cardiologia interventistiche prima del momento in cui si verificò la perdita di conoscenza, ossia meno di un’ora dopo l’accesso in Pronto Soccorso”, evitando la FV risultata letale.
Aggiungono, infine, che il presunto ritardo nell’attività di rianimazione, allegato non nell’atto introduttivo della lite, ma nelle difese conclusive di primo grado ed anche in appello, costituiva un fatto nuovo la cui introduzione in giudizio non era ammissibile.
L’intervento della Cassazione
La Corte di Cassazione dà ragione alle vittime in quanto i Giudici pugliesi non hanno esaminato la circostanza del ritardo nelle cure rianimatorie, sia sotto il profilo dell’effettiva sussistenza, che sotto quello della sua portata eziologica rispetto all’evento dannoso, reputandola tardivamente allegata.
In caso di accertamento di responsabilità da errore medico, ricorda la Cassazione, non costituisce inammissibile mutamento della domanda la circostanza che l’attore, dopo avere allegato nell’atto introduttivo che l’errore del sanitario sia consistito nell’imperita esecuzione di un intervento chirurgico, nel concludere alleghi, invece, che l’errore sia consistito nell’inadeguata assistenza postoperatoria.
Difatti, ciò che è dirimente è il fatto costitutivo, e le “specificazioni della condotta” asseritamente errata dei sanitari, inizialmente indicate dall’attore, non hanno portata preclusiva, in quanto non si può esigere l’individuazione ex ante di specifici elementi tecnico-scientifici, di norma acquisibili solo all’esito dell’istruttoria e dell’espletamento di una CTU.
La “tardiva rianimazione” non è, pertanto, un fatto costitutivo diverso da quello allegato nella domanda, ma è un profilo della responsabilità sanitaria originariamente dedotta in giudizio e concernente il complessivo trattamento sanitario del paziente, una volta fatto ingresso nel Pronto Soccorso della struttura ospedaliera.
Questo significa che il Giudice di merito dovrà valutare sia l’effettiva sussistenza, che la portata eziologica rispetto all’evento dannoso, della dedotta circostanza del ritardo nelle cure rianimatorie.
Avv. Emanuela Foligno
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