Accolto il ricorso dell’erede di un lavoratore morto per patologia neoplastica di cui chiedeva il riconoscimento della derivazione professionale
La Cassazione, con l’ordinanza n. 22395/2020 si è pronunciata sul ricorso presentato dall’erede di un cittadino che aveva agito in giudizio al fine di vedersi riconoscere il diritto alla rendita o all’indennizzo che assumeva spettargli in conseguenza della patologia neoplastica di origine professionale denunciata all’INAIL e che lo aveva successivamente condotto a morte.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte la ricorrente lamentava omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio per non avere la Corte territoriale valutato l’esposizione all’amianto, che pure era stata ritenuta dal CTU di prime cure come concausa idonea a determinare il decesso dell’assicurato.
I Giudici Ermellini hanno effettivamente ritenuto fondata la doglianza proposta.
La Corte territoriale, premettendo come l’attività del de cuius fosse relativa a “lavorazioni di asfaltatura, per la realizzazione del manto stradale” e che “tale tipo di lavorazioni […] viene di norma realizzato con il bitume che, pur avendo un aspetto simile al catrame, a differenza di quest’ultimo non sviluppa fumi contenenti agenti cancerogeni (idrocarburi policiclici aromatici) in misura significativa”, aveva conseguentemente escluso che fosse stata raggiunta la prova in ordine alla “esposizione anche al catrame”, che rispetto alla “patologia neoplastica dalla quale era affetto il de cuius, in gran parte correlata al fumo di sigaretta”, avrebbe potuto fungere comunque da concausa rispetto alla malattia professionale che lo aveva condotto a morte.
Rispetto a tale accertamento, tuttavia, risultava del tutto omesso l’esame della esposizione professionale all’amianto, che il CTU di prime cure aveva rilevato “anche per ammissione dell’INAIL” e valutato come fattore di concausalità “fra l’esposizione lavorativa e tumore”.
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