Non reggono le “accuse” rivolte dal paziente all’ASL; l’ira per l’appuntamento saltato della chemio non è situazione suscettibile di generare un diritto al risarcimento del danno, trattandosi al più di mero fastidio
La vicenda
Un paziente convenne in giudizio l’ASL chiedendo il risarcimento di tutti i danni subiti a seguito di un episodio verificatosi nel marzo del 2012, allorquando, giunto in ospedale al fine di sottoporsi ad un programmato ciclo di chemioterapia da eseguirsi mediante catetere vescicale, gli veniva riferito dal personale sanitario che non era possibile eseguire l’intervento a causa della mancanza di un infermiere di sesso maschile e che sarebbe stato avvisato quando l’intervento sarebbe divenuto possibile.
Adirato per l’appuntamento saltato, il predetto si rivolse ad una pattuglia della polizia municipale incontrata per caso, che l’accompagnò in ospedale, ove, grazie all’intervento delle forze dell’ordine, fu possibile ottenere la fissazione di un nuovo appuntamento.
Il giudizio di primo grado si concluse con una sentenza di rigetto, ritenendo che quello patito dall’attore fosse un mero fastidio, insuscettibile di generare un diritto al risarcimento del danno.
Nel 2017 terminò anche il giudizio d’appello. Il Tribunale di Benevento rigettò il gravame, correggendo la motivazione adottata dal primo giudice.
Il giudice campano escluse che nella condotta tenuta dal personale sanitario potessero ravvisarsi gli estremi della colpa civile.
Ed invero, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, era emerso che nella descritta circostanza furono gli stessi sanitari ad invitarlo, una volta tornato in ospedale insieme agli agenti della polizia municipale, a sottoporsi illico et immediate alla chemioterapia, ma egli rifiutò; e che sin da subito il personale sanitario si era attivato per reperire un valido sostituto dell’infermiere mancante e in ogni caso, immediatamente gli fu dato un nuovo appuntamento a distanza di soli due giorni.
La vicenda è giunta in Cassazione.
Tra gli altri motivi, il ricorrente ha dedotto la violazione degli artt. 1176, 1218 e 2967 c.c., sostenendo che, essendo l’ASL legata al paziente da un rapporto di tipo contrattuale, sarebbe stato suo onere dimostrare la propria assenza di colpa; prova che non era stata data, sicché erroneamente il Tribunale aveva ritenuto insussistente una condotta colposa in capo all’amministrazione convenuta.
Il motivo non è stato accolto (Sesta Sezione Civile, ordinanza n. 24514/2019).
Infatti non essendoci un danno risarcibile, era superfluo discorrere sull’esistenza o inesistenza di una condotta colposa del personale sanitario.
Il giudice di Pace aveva deciso la causa di primo grado senza esaminare il problema della sussistenza di una condotta colposa imputabile alla ASL, ma aveva adottato la soluzione c.d. della questione più liquida, rigettando la domanda perché, quali che fossero state le valutazioni da compiersi sulla colpa, comunque non riteneva sussistente il danno.
Il motivo di ricorso era comunque inammissibile perché volto ad ottenere una diversa valutazione delle prove.
La redazione giuridica
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