Confermata la responsabilità del conducente di un furgone accusato di omicidio stradale in relazione al decesso di un pedone morto dopo l’investimento

In caso di omicidio colposo, il conducente del veicolo va esente da responsabilità per l’investimento di un pedone quando la condotta della vittima configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, da sola sufficiente a produrre l’evento, circostanza questa configurabile ove il conducente medesimo, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile. Inoltre, il conducente di veicolo deve continuamente ispezionare la strada che sta per impegnare, mantenendo un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada stessa e del traffico e prevedere tutte quelle situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada. Lo ha ricordato la Cassazione con la sentenza n. 37622/2021, pronunciandosi sul ricorso di un automobilista condannato in sede di merito per il reato di omicidio colposo stradale (art. 589-bis, comma 1, cod.pen.) in danno di un pedone morto dopo l’investimento.

Secondo la ricostruzione del fatto accolta dai giudici di merito, l’imputato, alla guida di un furgone (con il quale aveva appena eseguito una consegna) effettuava una manovra in retromarcia, in occasione della quale egli investiva la vittima, che si trovava posizionata dietro al furgone. Il veicolo era sprovvisto di specchietto retrovisore esterno, di sensori acustici o altri strumenti che consentissero un’adeguata visuale rispetto alla parte posteriore; e – secondo quanto precisato dalla Corte di merito – il conducente, consapevole di tali condizioni, aveva omesso di usare la necessaria accortezza nell’eseguire la manovra; per di più egli conosceva bene il luogo, ove egli era solito effettuare consegne, e ciò rendeva ancora più evidente la sua negligenza.

Quanto alla condotta del pedone, l’allegazione difensiva secondo la quale la donna avrebbe cagionato il proprio investimento essendosi spostata a piccoli passettini non assumeva rilevanza scriminante, né valeva a configurare l’attenuante a effetto speciale di cui all’art. 589-bis comma 7 cod.pen..

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, l’imputato denunciava violazione di legge sotto il duplice profilo della sua penale responsabilità e, in subordine, della configurabilità dell’attenuante di cui al settimo comma dell’art. 589-bis cod.pen.. Con riguardo ad ambedue i profili il ricorrente valorizzava i piccoli movimenti della persona offesa durante la manovra di retromarcia dell’imputato, evidenziando che la donna, prima di essere investita, guardava in direzione opposta al furgone: a suo dire tali elementi, offerti da alcune testimonianze di persone presenti all’episodio, consentivano di ritenere che l’automobilista non avrebbe violato alcuna regola di diligenza (non essendo stato indicato il comportamento alternativo lecito che egli avrebbe dovuto tenere), che i movimenti della vittima ben potrebbero avere reso imprevedibile e inevitabile l’evento, e che non poteva porsi a carico dell’imputato la conoscenza dei luoghi e l’imprudenza alla guida (l’impatto avvenne alla velocità di 3 kmh). In subordine, il ricorrente ravvisava la configurabilità dell’attenuante di cui all’art. 589-bis comma 7 cod.pen., stante il contributo causale del pedone all’investimento, in relazione ai suoi spostamenti negli attimi antecedenti l’impatto, con i quali costei avrebbe concorso a cagionare l’evento.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto di non aderire alle argomentazioni proposte.

La Cassazione ha richiamato le norme di cautela codificate all’osservanza delle quali il prevenuto era obbligato. Muovendo dalla regola generale di cui all’art. 140 cod. strada, in base alla quale gli utenti della strada “devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale”, i Supremi Giudici hanno rammentato il secondo, il terzo e il quarto comma dell’art. 141, Cod. Strada, in base ai quali: “2. Il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile. 3. In particolare, il conducente deve regolare la velocità nei tratti di strada a visibilità limitata, nelle curve, in prossimità delle intersezioni e delle scuole o di altri luoghi frequentati da fanciulli indicati dagli appositi segnali, nelle forti discese, nei passaggi stretti o ingombrati, nelle ore notturne, nei casi di insufficiente invisibilità per condizioni atmosferiche o per altre cause nell’attraversamento degli abitati o comunque nei tratti di strada fiancheggiati da edifici. 4. Il conducente deve altresì ridurre la velocità e, occorrendo, anche fermarsi quando riesce malagevole l’incrocio con altri veicoli, in prossimità degli attraversamenti pedonali e, in ogni caso, quando i pedoni che si trovino sul percorso tardino a scansarsi o diano segni di incertezza e quando, al suo avvicinarsi gli animali che si trovano sulla strada diano segni di spavento”.

La disciplina delle manovre a marcia indietro é poi riportata dall’art. 154 Cod. Strada, in base al quale gli utenti della strada che intendano eseguire manovre di retromarcia devono “assicurarsi di poter effettuare la manovra senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada, tenendo conto della posizione, distanza, direzione di essi”.

Nel caso di specie, era di tutta evidenza che la manovra a marcia indietro eseguita dall’imputato, con un veicolo che per le sue caratteristiche non consentiva una visuale adeguata, doveva essere effettuata, proprio per la sua difficoltà, con particolare attenzione ed anche – come correttamente osservato nella sentenza impugnata – avvalendosi dell’ausilio di terzi, anche in considerazione del fatto che la presenza di pedoni sul percorso stradale da compiere in retromarcia (al pari dei possibili spostamenti dei pedoni stessi) non costituisce certo eventualità eccezionale e imprevedibile, fatti salvi quei movimenti che, per la loro oggettiva repentinità e peculiarità, non possano essere previsti ed evitati dal conducente.

Dunque non esimeva da colpe, né ne diminuiva il grado, la circostanza che il furgone condotto dal ricorrente fosse chiuso, dotato di scarsa visuale sulla parte posteriore e privo di strumenti idonei a monitorare il percorso in retromarcia; anzi, tale condizione avrebbe imposto un livello maggiore di prudenza al conducente del furgone, che – ove adottato – lo avrebbe messo nelle condizioni di monitorare la posizione e i movimenti della vittima. In presenza di tali condizioni – dalle quali risulta evidente che, contrariamente a quanto affermato nel ricorso, la sentenza impugnata aveva individuato correttamente il comportamento alternativo diligente che l’automobilista avrebbe dovuto osservare nell’occorso – non assumevano rilievo i piccoli spostamenti che, secondo alcune fonti di prova, la vittima avrebbe effettuato prima dell’impatto: piccoli spostamenti ai quali, invero, il ricorrente faceva un riferimento affatto generico e inidoneo a descriverne la rilevanza causale o concausale, atteso che non era dato conoscere né in quale direzione la donna si fosse mossa, né se i predetti movimenti fossero così repentini rispetto alla marcia indietro del furgone da non consentire all’imputato di evitare tempestivamente l’impatto. L’assenza di elementi deponenti per un qualsivoglia inserimento rilevante della condotta della vittima nella serie causale che portò al suo investimento rendeva infondate le censure del ricorrente non solo con riguardo alla sussistenza della sua responsabilità per il reato contestato, ma anche con riguardo alla configurabilità dell’attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 589-bis comma 7 cod.pen., che é configurabile nel caso in cui sia accertato il concorso di colpa, anche minimo, della vittima: concorso che, per quanto detto, in assenza di elementi descrittivi precisi e circostanziati dei movimenti della vittima sotto il profilo spazio- temporale, non risultava nella specie oggettivamente riconducibile ad alcun comportamento idoneo a interagire, anche solo in minima parte, con il deficit di attenzione e di prudenza dell’imputato.

La redazione giuridica

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