In caso di perdita del congiunto in un sinistro stradale, il giudice deve liquidare il danno ai familiari della vittima facendo applicazione delle Tabelle di Milano e mai con criterio equitativo pure

La domanda di risarcimento per la perdita del congiunto

La Corte d’Appello di Salerno, riformando la decisione di primo grado, aveva rideterminato in aumento la somma liquidata dal primo giudice in favore dei ricorrenti, a titolo di risarcimento dei danno da questi subito in conseguenza della perdita del loro congiunto (rispettivamente marito e padre), deceduto in un incidente stradale.

La Corte di merito aveva, in particolare, riconosciuto alle eredi del defunto, anche il danno patrimoniale subito dal veicolo di proprietà del loro congiunto.

Contro tale decisione, i familiari della vittima proponevano ricorso per Cassazione, lamentando tra gli altri motivi, la irrisorietà del danno non patrimoniale iure proprio sofferto, liquidata dalla corte di merito non solo in violazione delle Tabelle di Milano, ma altresì in termini di “puro arbitrio”.

I motivi di ricorso

I ricorrenti, si dolevano, in particolare, della mancata applicazione da parte dei giudici di merito delle Tabelle di Milano, che infatti non erano state allegate, laddove “la recente giurisprudenza nella liquidazione del danno non patrimoniale ha proprio escluso la possibilità di un ricorso ad una liquidazione equitativa pura e ha definitivamente attribuito al criterio milanese la valenza, in linea generale e nel rispetto dell’art. 3 Cost., di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno non patrimoniale alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c., salva ovviamente l’emersione di concrete circostanze che ne giustifichino l’abbandono”.

Al riguardo, la Corte di Cassazione ha avuto più volte modo di affermare che i criteri di valutazione equitativa, la cui scelta ed adozione è rimessa alla prudente discrezionalità del giudice, devono essere idonei a consentire una valutazione che sia equa, e cioè adeguata e proporzionata, in considerazione di tutte le circostanze concrete del caso specifico, mediante la c.d. personalizzazione del danno, al fine di addivenirsi ad una liquidazione congrua, sia sul piano dell’effettività del ristoro del pregiudizio che di quello della relativa perequazione – nel rispetto delle diversità proprie dei singoli casi concreti – sul territorio nazionale (Cass. n. 10528/2011; Cass. n. 28423/2008).

Come è noto, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale da sinistro stradale una valida soluzione è stata rinvenuta in quella costituita dal sistema delle tabelle (Cass. n. 12408/2011; Cass. n. 26972/2008).

Lo stesso legislatore, oltre alla giurisprudenza, fa ad esse espressamente riferimento. Si pensi al fatto che in tema di responsabilità civile da circolazione stradale, il d.lgs. n. 209 del 2005 ha introdotto la tabella unica nazionale per la liquidazione delle invalidità c.d. micropermanenti; e che, in assenza di tabelle normativamente determinate, ad esempio per le c.d. macroperamenti e per le ipotesi diverse da quelle oggetto del suindicato decreto legislativo, il giudice fa normalmente ricorso a tabelle elaborate in base alle prassi seguite nei diversi tribunali, la cui utilizzazione è stata dalle Sezioni Unite avallata nei limiti in cui, nell’avvalersene, il giudice proceda ad una adeguata personalizzazione della liquidazione del danno non patrimoniale, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patte dal soggetto leso, al fine di “pervenire al ristoro del danno nella sua interezza” (Cass. Sezioni Unite, n. 26972/2008).

Preso atto che le Tabelle di Milano sono andate nel tempo assumendo e palesando una “vocazione nazionale”, in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell’equità valutativa, e ad evitare (o quantomeno ridurre) – al di là delle diversità delle condizioni economiche e sociali dei diversi contesti territoriali – ingiustificate disparità di trattamento che finiscano per profilarsi in termini di violazione dell’art. 3 Cost., comma 2, la Cassazione è pervenuta a ritenerle valido criterio di valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., delle lesioni di non lieve entità (dal 10% al 100%) conseguenti alla circolazione (v. Cass., 7/6/2011, n. 12408; Cass., 30/6/2011, n. 14402).

Le tabelle, siano esse giudiziali o normative, costituiscono dunque strumento senz’altro idoneo a consentire al giudice di dare attuazione alla clausola generale posta all’art. 1226 c.c. (v. Cass., 19/5/1999, n. 4852).

Ed invero, la Corte Suprema di Cassazione è pervenuta ad affermare che la mancata adozione da parte del giudice di merito delle Tabelle di Milano in favore di altre, ivi ricomprese quelle in precedenza adottate presso la diversa autorità giudiziaria cui appartiene, costituisce violazione di norma di diritto censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (v. Cass., 7/6/2011, n. 12408).

In altre parole, la Suprema Corte è pervenuta a concludere che le Tabelle di Milano si sostanziano in regole integratrici del concetto di equità, atte a circoscrivere la discrezionalità dell’organo giudicante, costituendo pertanto un mero criterio guida, e non già normativa di diritto (Cass., 22/1/2019, n. 1553).

La decisione

Orbene, quanto al caso in esame, nel liquidare il danno non patrimoniale iure proprio subito dai ricorrenti per la perdita del loro congiunto, la corte di merito aveva disatteso tali principi; per queste ragioni, il ricorso è stato accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Salerno, per un nuovo esame (Corte di Cassazione, ordinanza n. 8468/2020).

Avv. Sabrina Caporale

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