Nella liquidazione della perdita della capacità lavorativa va considerato il prevedibile progressivo incremento reddituale che caratterizza l’attività del danneggiato
La Suprema Corte di Cassazione (Sez. III, Sentenza n. 16913/2019) specifica che la quantificazione del danno patrimoniale da perdita di capacità lavorativa va commisurata tenendo presente il progressivo aumento reddituale del soggetto danneggiato.
La vicenda trae origine da un sinistro subito da un avvocato che non considerava soddisfacente il risarcimento della Compagnia assicuratrice del responsabile e promuoveva un giudizio di Accertamento Tecnico Preventivo chiedendo un risarcimento superiore.
Il Giudice di prime cure condannava la Compagnia a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali patiti dall’avvocato, con decurtazione dell’acconto ricevuto.
Nel secondo grado di giudizio la Corte d’Appello condannava la Compagnia a integrare il risarcimento sotto il profilo del danno patrimoniale.
Il danneggiato propone ricorso per Cassazione lamentando di aver chiesto il risarcimento del danno patrimoniale in misura rapportata ai guadagni professionali futuri che avrebbe conseguito con l’applicazione di una costante di incremento del reddito del 5% annuo.
A sostegno del criterio di calcolo adottato il danneggiato produce in giudizio le proprie dichiarazioni dei redditi degli ultimi 5 anni.
La Suprema Corte ritiene fondato il ricorso.
Viene rilevato che il danno permanente da incapacità di guadagno, non può essere liquidato utilizzando i coefficienti di capitalizzazione approvati con R.D. n. 1403 del 1922, in quanto essi, sia a causa dell’aumento della durata media della vita, sia a causa della diminuzione dei saggi d’interesse, non sono più idonei a garantire un corretto risarcimento equitativo del danno e, pertanto, non rispettano il dettato dell’art. 1223 c.c.
Ne deriva che risulta corretto, anche secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale sulla quantificazione del danno patrimoniale futuro da perdita di capacità lavorativa specifica, che il calcolo debba essere eseguito “mediante la moltiplicazione del reddito perduto per un adeguato coefficiente di capitalizzazione, utilizzando come parametri da un lato, la retribuzione media dell’intera vita lavorativa della categoria di pertinenza, desunta da parametri di rilievo normativo o altrimenti stimata in via equitativa, e, dall’altro, coefficienti di capitalizzazione di maggiore affidamento, in quanto aggiornati e scientificamente corretti, quali, ad esempio, quelli approvati con provvedimenti normativi per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali oppure quelli elaborati specificamente nella materia del danno aquiliano”.
Il ricorso viene accolto, la Sentenza impugnata viene cassata con rinvio in diversa composizione.
Avv. Emanuela Foligno
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