Confermata la condanna di uomo per un prelievo indebito con una carta di pagamento non sua, pur non essendo l’autore del furto
Aveva effettuato un prelievo indebito presso un ufficio postale utilizzando una carta di pagamento di cui non era titolare. L’uomo era stato condannato in sede di merito per il delitto di cui all’art. 55, comma 9, D.Lgs. n. 231 del 2007 in materia di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose.
L’imputato si era quindi rivolto alla Suprema Corte di Cassazione per chiedere l’annullamento della pronuncia.
Tra i motivi del ricorso lamentava la manifesta illogicità della motivazione in ordine all’affermazione della sua penale responsabilità. Evidenziava, infatti, di essere stato assolto dall’imputazione di furto avente ad oggetto la stessa carta di pagamento in relazione alla quale gli veniva contestato l’abusivo utilizzo. Nonostante ciò la Corte di appello non aveva spiegato in che modo fosse entrato in possesso della carta.
A suo giudizio, solo laddove egli avesse partecipato al furto, avrebbe potuto affermarsi che conosceva la provenienza delittuosa della carta e quindi si sarebbe potuto qualificare come indebito il suo utilizzo. In difetto di tale elemento, invece, doveva escludersi il dolo e sussisteva, pertanto, violazione della disposizione normativa. Se invece avesse ricevuto la carta dall’autore del furto, il fatto avrebbe dovuto allora essere riqualificato come ricettazione o almeno quale incauto acquisto.
La Corte di Cassazione, tuttavia, con la sentenza n. 2728/2020 ha ritenuto infondato il ricorso.
I Giudici di Piazza Cavour non hanno infatti rilevato alcuna incompatibilità logica tra l’assoluzione dell’imputato dal reato di furto e la condanna per il reato di indebito utilizzo della carta di pagamento.
Il motivo di ricorso poggiava sull’assunto che il delitto di indebito utilizzo della carta di pagamento presuppone, ai fini del dolo, la consapevolezza della provenienza delittuosa della carta utilizzata.
Tale assunto – chiariscono dal Palazzaccio – è, tuttavia, erroneo, in quanto la provenienza delittuosa della carta non è affatto necessaria per la sussistenza del delitto per il quale l’uomo era stato condannato, non trovando l’uso indebito della carta un presupposto necessario ed indefettibile nell’impossessamento illegittimo. Il reato, quindi, ben può sussistere anche qualora la carta utilizzata non provenga da delitto e, essendo volto a tutelare un interesse pubblico, finanche laddove il titolare della carta di credito abbia consentito al suo utilizzo ad opera di soggetto diverso.
La redazione giuridica
Leggi anche:
SERVIZI DI BANCOPOSTA, L’ADDETTO È UN INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO?