L’impotenza coeundi e l’impossibilità di eseguire interventi terapeutici di ripristino della funzionalità erettile a causa della fistola rilevano ai fini della personalizzazione del danno (Tribunale di Firenze, Sez. II, sentenza n. 2979 del 31 dicembre 2020)

Il paziente cita a giudizio la Struttura sanitaria e il Medico onde vederne accertata la responsabilità professionale in ordine all’intervento di prostatectomia radicale con successivo sviluppo di fistola vescico-rettale.

La causa viene istruita attraverso CTU Medico-legale.

Il paziente eccepisce in giudizio che a seguito di adenocarcinoma prostatico in data 19.7.12, senza essere adeguatamente informato sulle possibili conseguenze o su terapie alternative, veniva sottoposto ad intervento di prostatectomia radicale robotica e che dopo le dimissioni presentava tracce di feci nelle urine riconducibili a una lesione dell’intestino avvenuta durante l’intervento.

Difatti l’esame Tac evidenziava l’erroneo posizionamento del catetere vescicale all’interno del retto e il paziente veniva quindi sottoposto ad intervento di colostomia e riparazione della fistola.

Tale intervento, però, non aveva successo e l’uomo veniva quindi sottoposto in data 1.2.13 a fisteluctomia ed il 28.2.14 ad intervento di plastica ricostruttiva .

Il Tribunale, previa panoramica giurisprudenziale sulla riconducibilità della responsabilità invocata a quella di natura contrattuale anche nei confronti del Medico convenuto poiché inapplicabile il disposto della L. 24/2017, ritiene la domanda fondata.

La CTU ha accertato: “gli accertamenti clinici avevano evidenziato la sussistenza di adenocarcinoma prostatico con grado di rischio intermedio; l’indicazione chirurgica era corretta , conforme alle linee guida e, anzi , di prima scelta , poiché la neoplasia, seppure confinata alla prostata, era diffusa ad entrambi i lobi e era ipotizzabile un’attesa di vita superiore ai dieci anni; non risulta dagli atti che con il paziente sia stata discussa la possibilità di terapie alternative, quali la radioterapia; l’incontinenza urinaria e l’impotenza sono complicanze note, possibili e probabili nel caso di intervento di PRST , anche impiegando tecnica chirurgica ineccepibile e, considerando l’età del paziente alla data dell’intervento,70 anni, l’impotenza era evento quasi atteso; nel corso dell’intervento, presumibilmente durante la manovra di isolamento della prostata dal retto, fu però causata lesione da elettrocuzione della parete anteriore del retto che diede luogo a fistola uretrorettale, evento raro in tale tipo di intervento ma comunque prevedibile ; la lesione fu di minima entità tant’è che fu accertata solo alcuni giorni dopo l’intervento, com’è proprio della lesione da elettrocuzione; la fistola in questione non può essere annoverata tra le complicanze imprevedibili ed inevitabili con giudizio ex ante, bensì ascritta ad errore medico in quanto il caso non era particolarmente complesso, non vi erano alterazioni patologiche o anatomiche in grado di giustificare la lesione, l’intervento era stato programmato e non urgente; il trattamento della fistola fu peraltro corretto (fatto salvo il posizionamento del catetere vescicale il 17.8.12, tramite la fistola già costituitasi, all’interno dell’ampolla rettale): in effetti, fallita la terapia conservativa con catetere vescicale, il paziente fu sottoposto ad intervento colostomia terminale e sutura per via perinea”.

I CTU hanno concluso indicando 60 giorni il periodo di inabilità temporanea assoluta, 60 giorni l’inabilità al 75% e 90 giorni al 50%, oltre a postumi permanenti (complesso cicatriziale addominale, persistenza di colostomia al fianco sinistro, stenosi rettale , incontinenza urinaria) valutati nella misura del 45%.

Pacifico il nesso causale tra l’intervento e la formazione della fistola, anche in considerazione del fatto che il Medico convenuto non ha contestato che la lesione che ha dato luogo alla fistola possa essere stata provocata durante l’intervento.

Relativamente alle conseguenze dell’errato posizionamento del catetere il 17.8.12 viene ritenuto che presumibilmente, anche in ragione della permanenza del catetere all’interno della fistola per sette giorni, tale operazione, come indicato anche dai CTU nella risposta alle osservazioni dei CTP, ha concorso ad aumentare le dimensioni della fistola e comunque a pregiudicare il buon esito della terapia conservativa.

Ne consegue che i danni lamentati dal paziente sono addebitabili anche all’opera di sanitari diversi dal Medico convenuto e operanti sempre presso l’azienda Ospedaliera convenuta.

La misura del 45% dei postumi permanenti, secondo il Giudice che fa proprie le risultanze della CTU, appare quindi congrua : riguardo l’impotenza coeundi e l’impossibilità di eseguire interventi terapeutici di ripristino della funzionalità erettile a causa della fistola ne viene tenuto conto ai fini della personalizzazione del danno.

Applicando le tabelle milanesi per i postumi permanenti, risulta un danno di euro 256.276,00 che viene personalizzato, in ragione della disfunzionalità erettile, ad euro 280.000,00.

Infine, riguardo la violazione di un corretto consenso informato, il Tribunale osserva che il paziente non ha provato che, nel caso di ulteriore informazione riguardo alla patologia da cui era affetto e ad altre opzioni terapeutiche lo stesso avrebbe certamente rifiutato di sottoporsi all’intervento di PRST, intervento che peraltro i CTU hanno giudicato senz’altro opportuno alla luce delle linee guida e che, in effetti, risulta aver eliminato la patologia tumorale.

La relativa domanda viene pertanto respinta.

In conclusione, il Tribunale di Firenze condanna in solido Azienda sanitaria e il Medico in solido al pagamento in favore dell’attore della somma di euro 306.080,00, oltre alle spese di lite e di CTU.

Avv. Emanuela Foligno

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