La Corte d’appello di Trieste, in riforma della pronuncia del giudice di primo grado, aveva mandato assolto dal reato di interruzione di pubblico servizio l’imputato che per protesta aveva impedito al conducente di un bus di partire

Il conducente dell’ultima corsa di un bus del trasporto pubblico, stante l’impossibilità di caricare tutti gli utenti in attesa al capolinea, essendo esauriti i posti a sedere ed occupati tutti gli spazi in piedi, aveva chiuso le porte del mezzo pubblico, accingendosi a dar inizio alla corsa. Senonché l’imputato, per protesta contro l’organizzazione del servizio di trasporto, si sdraiava per terra impedendone quindi volontariamente la partenza, che avveniva solo dopo mezz’ora e a seguito dell’intervento dei Carabinieri.

Contro la predetta sentenza di assoluzione proponeva ricorso per Cassazione il Procuratore Generale,  assumendo l’erronea applicazione della legge, laddove la corte territoriale aveva giustificato la statuizione assolutoria in ragione della ravvisata impossibilità, alla stregua degli atti, di fornire risposta al quesito relativo alla sussistenza o meno della contestata fattispecie delittuosa, se cioè la condotta dell’imputato avesse avuto incidenza sulla complessiva funzionalità del servizio pubblico, tale da assumere rilevanza penale.

La Corte d’appello, avrebbe in tal modo “travisato” l’elemento oggettivo proprio del reato di cui all’art. 340 c.p., in contrasto con l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la fattispecie deve ritenersi consumata in presenza di un’alterazione anche temporanea, purché oggettivamente apprezzabile, del servizio pubblico, senza necessità – come invece opinato dalla sentenza impugnata – che il turbamento debba concernere “il servizio nella sua interezza e globalità.

Per i giudici della Cassazione, il ricorso è fondato e merita accoglimento.

I giudici di merito, nella fattispecie in esame, non hanno fatto buon governo dei principi esistenti in materia.

Il punto di partenza – afferma il Supremo Collegio – non può che essere costituito dal dato testuale della norma incriminatrice, che, in linea con l’interesse tutelato, sanziona non solo la condotta che abbia comportato l’interruzione del servizio pubblico di cui si tratti, bensì anche il comportamento che abbia inciso semplicemente sul regolare svolgimento dell’ufficio o servizio pubblico (cfr., in particolare, Sez. 6, sent. n. 46461 del 30.10.2013, Rv. 257452).

Proprio la rilevata ampiezza dell’ambito di applicazione della norma ha indotto la giurisprudenza a puntualizzare che, ferma la rilevanza di un’alterazione anche temporanea del servizio, essa deve tuttavia rivestire un’oggettiva significatività, risultando così esclusi dalla sfera di operatività della fattispecie incriminatrice in questione i casi in cui la condotta contestata – giusta la terminologia usualmente adottata – si sia risolta nell’interruzione o nell’alterazione della regolarità di “un singolo atto…, senza che tale comportamento abbia inciso in modo apprezzabile sulla funzionalità complessiva dell’ufficio” (così Sez. 6, sent. n. 36404 del 28.05.2014).

Detto in altri termini, il giudice di merito, deve considerare la ricaduta della condotta posta in essere dall’imputato, sullo specifico servizio colpito e non anche sulla totalità in assoluto del servizio. Operazione, quest’ultima, che risulta senza dubbio difficile, ove si tratti di servizi di ampio respiro – come nel caso del trasporto pubblico.

Ma in ogni caso, secondo i giudici della Cassazione, nel caso in esame, l’alterazione della regolarità del servizio non poteva certamente essere esclusa sulla scorta di “un lieve ritardo nella partenza del mezzo”, atteso che siffatta affermazione finirebbe con lo “sterilizzare” gratuitamente la causale alla base dell’accaduto, omettendo altresì di soffermarsi sulla sua ricaduta oggettiva, da apprezzarsi altresì, alla luce della incontestabile circostanza, per cui quella “bloccata” era l’ultima corsa della linea diretta dal centro città all’aeroporto” .

Per tali motivi, è stata annullata sentenza impugnata e con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello per un nuovo giudizio.

La redazione giuridica

 

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