Reato di lesioni personali gravi e pena sostitutiva

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La vittima, operaio dipendente della R Spa sin dal 2011, era salita di propria iniziativa sulla scala portatile modello Frigerio, al fine di ispezionare la volta del forno “B”, ad una altezza dal suolo di m 2,70. Durante l’operazione di salita, la scala improvvisamente era scivolata all’indietro, determinando la caduta al suolo.

Era emerso che la scala a pioli in questione non era del tutto integra al momento del sinistro, in quanto presentava una frattura laterale sul montante, rattoppata con alcune fascette al fine di consentirne l’utilizzo. Inoltre, secondo le indicazioni dell’art. 113 D.Lgs. n. 81 del 2008, l’utilizzo della scala avrebbe dovuto essere preceduto dalla sua inchiodatura mediante un fermo alla base, oppure alla presenza di altra persona che trattenendola al piede ne avrebbe assicurato la stabilità.

La vicenda giudiziaria

In primo grado i giudici hanno ritenuto il direttore tecnico della R Spa responsabile del reato di lesioni personali gravi, aggravato dalla violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, subite dal lavoratore non impedendo l’evento che aveva l’obbligo giuridico di evitare.

Infatti, quale datore di lavoro, per le operazioni di verifica del forno rotativo “B”, l’imputato metteva a disposizione del lavoratore la scala portatile a pioli “Frigerio”, strumento inidoneo al lavoro da svolgere, in considerazione delle condizioni manutentive dei piedini antiscivolo e dell’ambiente di lavoro con polvere sulla pavimentazione in cui era collocato. L’utilizzo di tale tipo di scala avrebbe dovuto comportare l’estemporanea inchiodatura di un fermo alla sua base, o la presenza di un secondo operatore che ne assicurasse la stabilità.

La Corte di appello di Brescia aveva confermato in toto la pronuncia di primo grado.

Il ricorso in Cassazione

Il vaglio della Cassazione ritiene fondata solo la censura inerente la pena sostitutiva e conferma nel resto (Cassazione penale, sez. IV, dep. 22/08/2024, n.32955).

Le sentenze di merito hanno raggiunto le medesime conclusioni in ordine alla ricostruzione della dinamica dell’incidente e, quindi, le stesse vengono come un unico corpo motivazionale, in applicazione del principio secondo il quale, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, ricorre la cd. “doppia conforme” quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado.

La responsabilità penale del direttore tecnico

La sentenza di primo grado, confermata da quella di appello, ha fondato la responsabilità penale direttore tecnico della R SpA sui seguenti elementi:

  • – l’imputato quale Consigliere di amministrazione e Direttore della società R Spa e datore di lavoro della vittima aveva fornito all’operaio una scala a pioli per effettuare, ad una altezza di m. 2,80, attività di manutenzione del forno rotativo “B”, che per essere usata in sicurezza durante le operazioni di manutenzione, evitando il rischio del ribaltamento, avrebbe dovuto essere fissata al suolo, oppure essere utilizzata mentre altro operaio la tratteneva al piede.
  • – Dalla dichiarazione del capoturno dei forni rotativi e presente al momento del fatto, si era appreso che la conformazione della bocca del forno era tale da imporre al lavoratore di sporgersi al suo interno per compiere in maniera efficace le operazioni di manutenzione e ciò poteva comportare uno sbilanciamento degli equilibri della scala.
  • – Le prescrizioni da adottare per scongiurare il rischio di ribaltamento non venivano abitualmente seguite dal personale, essendo diffusa la prassi operativa dell’utilizzo della scala da parte di un unico addetto. In particolare, la vittima aveva dichiarato che generalmente operavano due operatori, uno saliva sulla scala ed accedeva al forno e l’altro doveva trattenere da terra la scala al piede. Tuttavia, accadeva frequentemente che l’incombenza manutentiva venisse svolta da un solo addetto, come appunto avvenne il giorno del grave infortunio.

Da tali circostanze, secondo i Giudici di appello, emerge la responsabilità dell’imputato, e viene ritenuto superfluo l’accertamento dello stato usurato dei piedi della scala, rimasto controverso. Quella decisiva, per fondare la responsabilità, è la condotta di mancata repressione dell’elusione del rispetto delle regole preventive poste a contrasto del rischio specifico di ribaltamento della scala, poi effettivamente realizzatosi.

Ebbene, le motivazioni della sentenza di appello sono basate sui riscontri indicati ed hanno messo in luce i caratteri della condotta colposa contestata in maniera congrua. Non è illogico, come invece ritiene l’imputato, riconoscere l’esistenza di disposizioni organizzative inerenti alle misure di prevenzione sull’utilizzo della scala a pioli, ben conosciute, ma ampiamente disattese. Il rimprovero, infatti, non è quello di non aver previsto il rischio, o di non aver individuato le misure atte a prevenirlo, ma l’avere permesso che le regole di prevenzione e sicurezza adottate non fossero osservate.

Fondata, invece, è la censura inerente l’applicazione della pena sostitutiva

La decisione di applicare la pena sostitutiva si correla alla indicazione normativa di individuare una pena che sia la più idonea alla rieducazione del condannato. Nell’ambito di tale valutazione va salvaguardata la necessità che essa scongiuri, medio tempore, la commissione di altri reati. Il presupposto da cui deve muovere il Giudice al fine di verificare l’an dell’applicazione della pena sostitutiva breve è quello della valutazione della sussistenza, o meno, di fondati motivi che inducano a ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute perché la prospettiva della rieducazione non può prevalere sull’esigenza di neutralizzazione del pericolo di recidiva che necessita di essere soddisfatta anche durante l’esecuzione della pena.

Il Giudice deve indicare i motivi che giustificano l’applicazione della pena sostitutiva, ed è soprattutto nella fase di selezione della pena che entra in gioco la specifica esigenza rieducativa ed argomentativa ad essa collegata dovendo il Giudice scegliere quella più idonea alla rieducazione e al reinserimento sociale del condannato con il minor sacrificio della libertà personale (e quando applica la semilibertà o la detenzione domiciliare, deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonei nel caso concreto il lavoro di pubblica utilità o la pena pecuniaria).

Nel caso di specie, la Corte di appello ha reputato non sostituibile la pena detentiva inflitta in applicazione dell’art. 59, comma 2 lett. a) I. n. 689 del 1981, in ragione delle condanne pregresse per reati della stessa indole nell’ultimo decennio anteriore alla definizione del giudizio. Tuttavia, tale testo non era in vigore al momento della pronuncia (24 novembre 2023), essendo stato modificato dall’art. 71, comma 1, lett. g), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 99-bis, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 150/2022, aggiunto dall’art. 6, comma 1, D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199.

La pena detentiva non può essere sostituita:

  • a) nei confronti di chi ha commesso il reato per cui si procede entro tre anni dalla revoca della semilibertà, della detenzione domiciliare o del lavoro di pubblica utilità ai sensi dell’articolo 66, ovvero nei confronti di chi ha commesso un delitto non colposo durante l’esecuzione delle medesime pene sostitutive; è fatta comunque salva la possibilità di applicare una pena sostitutiva di specie più grave di quella revocata.
  • b) Con la pena pecuniaria, nei confronti di chi, nei cinque anni precedenti, è stato condannato a pena pecuniaria, anche sostitutiva, e non l’ha pagata, salvi i casi di conversione per insolvibilità ai sensi degli articoli 71 e 103.
  • c) Nei confronti dell’imputato a cui deve essere applicata una misura di sicurezza personale, salvo i casi di parziale incapacità di intendere e di volere.
  • d) Nei confronti dell’imputato di uno dei reati di cui all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stata riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’ articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale.

È evidente l’errore applicativo in cui è incorsa la sentenza impugnata che viene annullata limitatamente all’applicazione della sanzione sostitutiva.

Avv. Emanuela Foligno

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