Rendita ai superstiti del lavoratore deceduto per malattia professionale

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Rendita ai superstiti del lavoratore deceduto per malattia professionale

Rendita ai superstiti del lavoratore deceduto e onere della prova inerente le attività svolte (Corte Appello Palermo, 14 novembre 2021, RG 791/2021).

Rendita ai superstiti del lavoratore deceduto ai sensi della L. 38/2000  e onere di allegazione del richiedente il beneficio.

Il Giudice di primo grado, respingeva la domanda della moglie del lavoratore deceduto per malattia professionale, volta al riconoscimento della rendita ai superstiti, in quanto non risultava raggiunta la prova delle concrete modalità di espletamento dell’attività lavorativa del defunto lavoratore.

La donna azionava il giudizio per ottenere la rendita ai superstiti, prevista dall’art. 85 del TU n. 1124/1965 e/o dalla L. n. 38/2000, deducendo che la patologia di adenocarcinoma polmonare che conduceva al decesso il marito derivava dall’esposizione professionale alle fibre di amianto ed altre sostanze nocive.

Osservava il Tribunale, rigettando la domanda, che la documentazione allegata non consentiva di ritenere dimostrata tale esposizione nociva.

La donna impugna la sentenza lamentando la errata valutazione degli elementi forniti a dimostrazione dell’esposizione alle fibre di asbesto, nonché ai fumi di saldatura, silice cristallina, contenuti nelle vernici utilizzate dal lavoratore.

La Corte ritiene il gravame infondato e rigetta la domanda di rendita ai superstiti.

La donna ha allegato che il defunto marito aveva svolto una serie di attività lavorative, tra cui : –            apprendista tornitore dal 20.03.1970 all’08.02.1971; – dal 1974 al 1981 apprendista falegname; – manovale dal 1981 al 1992 addetto ai servizi di pulizia presso i cantieri e le navi.; -giardiniere dal 1993 al decesso e deduce, con riferimento alle singole attività, l’esposizione a specifici agenti nocivi per ciascuna tipologia di attività svolta.

Anche i Giudici d’Appello ritengono che dalla documentazione prodotta, inerente la storia lavorativa del defunto, non è possibile evincere alcuna prova sulla esposizione agli agenti patogeni.

In ogni caso, sottolinea la Corte, solo una volta dimostrato, in concreto, le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, costituente il presupposto, a monte, dell’asserita esposizione al rischio, sarebbe successivamente risultato dirimente acquisire specifiche informazioni in ordine alla nocività degli ambienti di lavoro.

Se è vero, infatti che, in presenza di malattie tabellate (quali le neoplasie da esposizione a specifici agenti patogeni), ” opera la presunzione di eziologia professionale che può essere superata dall’allegazione e dalla dimostrazione dell’inesistenza del nesso eziologico, che può consistere solo nella dimostrazione che la malattia sia stata causata da un diverso fattore patogeno, oppure che per la sua rapida evolutività, o per altra ragione, non sia ricollegabile all’esposizione a rischio, in relazione ai tempi di esposizione e di manifestazione della malattia,  è pur vero che l’onere di provare le mansioni svolte – da cui emerga, in fatto, la circostanza materiale di detta esposizione – grava comunque sul lavoratore.

Ciò in concreto, non è avvenuto.

Correttamente, pertanto, il primo Giudice non ha accolto la richiesta di rendita ai superstiti invocata.

La sentenza gravata viene integralmente confermata.

Avv. Emanuela Foligno

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