La ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, su altri elementi, quali l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge, le condizioni economiche dei due aventi diritto e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali

La vicenda

La Corte d’appello di Lecce aveva rideterminato la quota della pensione di reversibilità spettante alla ricorrente in qualità di coniuge divorziata nella minor misura del 35%, attribuendo, invece, alla coniuge superstite la restante quota del 65%.

A sostegno della propria decisione, la corte salentina aveva valorizzato il dato della convivenza prematrimoniale tra la superstite e il coniuge defunto.

La sentenza è stata confermata dalla Cassazione (Sesta Sezione Civile, sentenza n. 3268/2020) perché ritenuta conforme ai principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità che riconosce alla convivenza prematrimoniale un autonomo rilievo nella determinazione delle quote di rispettiva pertinenza tra le parti.

I criteri di ripartizione delle quote

Invero, la Corte di legittimità ha affermato che “la ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell’istituto, tra i quali la durata elle convivenze prematrimoniali, dovendosi riconoscere alla convivenza “more uxorio” non una semplice valenza “correttiva” dei risultati derivanti dall’applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì un distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale” (Cass. n. 26358/2011), oltre che ponderando ulteriori elementi, quali l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge, le condizioni economiche dei due aventi diritto e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali (Cass. n. 16093/2012), senza mai confondere, però, la durata della convivenza con quella del matrimonio, cui si riferisce il criterio legale, né individuare nell’entità dell’assegno divorzile un limite legale alla quota di pensione attribuibile all’ex coniuge, data la mancanza di qualsiasi indicazione normativa in tal senso (Cass. n. 10391/2012).

Al riguardo la ricorrente aveva lamentato il fatto che non vi fosse prova documentale della durata delle convivenza prematrimoniale tra la superstite e il coniuge defunto; tuttavia, tale doglianza è stata ritenuta inammissibile perché non introdotta prima nel giudizio di merito e pertanto, totalmente nuova.

Per queste ragioni, il ricorso è stato definitivamente rigettato con conseguente conferma della pronuncia di merito.

Avv. Sabrina Caporale

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