Questa settimana pensavo di scrivere ancora sulla comunicazione terapeutica, ma trovavo difficile spiegare quello che sto facendo con un mio utente colpito 4 anni fa da Ictus.
Poi navigando e navigando in rete ho “incontrato” l’articolo che oggi ti consiglio di leggere. Parla di Ictus e riabilitazione dopo molto tempo. Non ci crederai ma è quello che avevo in mente di comunicarti e dal momento che un giornalista scrive meglio di me riporto l’articolo in questione.
Sono convinto che riuscirai a capire il nesso tra riabilitazione, Ictus e… comunicazione terapeutica.
Finora si pensava che per recuperare la funzionalità di una mano, un braccio, una gamba compromessa da un ictus bisognasse intervenire con una riabilitazione precoce: dopo qualche tempo la possibilità di miglioramenti concreti veniva data per persa. Ebbene, non è per fortuna così: alcuni ricercatori dell’università Cattolica di Roma hanno dimostrato che è possibile ottenere buoni risultati anche dopo anni dall’ictus. A patto di essere incisivi e scegliere un trattamento riabilitativo intenso.
I risultati di Vincenzo Di Lazzaro e dei suoi collaboratori dell’Istituto di Neurologia della Cattolica sono usciti sulla rivista Clinical Rehabilitation e accendono una speranza per i 160mila italiani che ogni anno vanno incontro a un «blackout» di sangue al cervello. Di Lazzaro ha sottoposto a riabilitazione 11 pazienti che avevano avuto un ictus da oltre un anno (in media da tre anni); prima di cominciare ne ha valutata la capacità motoria residua, quella che finora si credeva impossibile da migliorare. Solo entro sei mesi, al massimo un anno, infatti, si supponeva possibile un recupero della mobilità. La riabilitazione messa in atto dai neurologi romani ha previsto le cosiddette tecniche di «shaping»: in pratica, si dà un obiettivo riabilitativo che il paziente raggiunge attraverso esercizi man mano più complicati e grazie al continuo sostegno e incoraggiamento positivo del terapista. A questi si sono associati esercizi di rinforzo muscolare. «Il tutto per un’ora e mezza al giorno, 5 giorni alla settimana, per 2 settimane», precisa Di Lazzaro.
Non proprio una passeggiata, insomma. «Per ciascuno, dopo la fase iniziale di valutazione, sono stati stabiliti obiettivi concreti, decisi in base alle reali possibilità del paziente – racconta il neurologo –. Alla fine in tutti abbiamo visto un miglioramento della funzionalità e della forza dell’arto trattato (un braccio o una mano), con evidenti vantaggi nella vita quotidiana. E a tre mesi di distanza dalla fine della terapia il miglioramento, che abbiamo stimato attorno al 25 per cento, rimaneva». L’obiettivo è stato anche metter a punto un trattamento che, pur tenendo conto delle abilità residue di ognuno e degli obiettivi realistici che ogni malato può porsi, fosse il più possibile standardizzato: gli esercizi e le attività proposte possono essere adattate a pazienti in condizioni diverse, ma restano abbastanza simili. Prossimo obiettivo, associare a questo tipo di riabilitazione tecniche elettrofisiologiche di stimolazione del cervello: andando a «pungolare» alcune aree cerebrali si spera di aumentarne la plasticità, «insegnando» ai pazienti a muovere di nuovo gli arti utilizzando strategie e connessioni cerebrali alternative a quelle andate in fumo per colpa dell’ictus.
Fonte http://www.corriere.it/salute/cardiologia/10_giugno_10/ictus-riabilitazione-funziona-anche-dopo-anni_69403826-6e30-11df-b855-00144f02aabe.shtml

Dr Paolo Scannavini
Fisioterapista e Kinesilogo
Responsabile fisioterapia Fisiopalestra MeRiBen
Mysa trainer
PNL Pratictioner

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