Ricoverato per una appendicectomia all’estero, sono rimborsabili le cure?

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appendicectomia

Respinto il ricorso di un cittadino italiano ricoverato per una appendicectomia all’estero durante un soggiorno turistico

Il cittadino italiano può ottenere il rimborso di cure prestate all’estero presso centri di altissima specializzazione, solo a fronte di prestazioni non ottenibili nel nostro Paese tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico. Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 1933/2021 nel confermare la decisione dei Giudici del merito che avevano rigettato la domanda di un paziente volta ad ottenere la condanna dell’Azienda USLS di Venezia al rimborso delle spese mediche sostenute in un Paese estero dove era stato ricoverato per una appendicectomia e drenaggio della cavità con tubo laminare esteriorizzato nel QUID dell’addome associato ad antibiotico, e successivo intervento chirurgico.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte il ricorrente denunciava violazione dell’art. 32 Cost., L. n. 883 del 1978; D.P.R. n. 617 del 1980 e della L. n. 595 del 1985.

A suo avviso, infatti, l’art. 32 Cost., “non soffriva limitazioni derivanti da leggi ordinarie o atti amministrativi” e, pertanto, “l’assistenza indiretta spettava in ogni caso di eccezionale gravità della patologia comportante l’urgente ed improcrastinabile ricovero presso centro ospedaliero di altissima specializzazione ai fini di una adeguata terapia immediata, senza necessità di accertamento della possibilità di ricevere tali terapie in Italia”. Nel sottolineare che il ricovero era avvenuto per motivi di urgenza, il paziente riteneva che “vi sarebbe un’illogica disparità di trattamento tra chi si reca all’estero per cure cliniche di alta specializzazione e chi si trova già all’estero senza possibilità di rientrare in Italia”. L’uomo, inoltre, denunciava vizio di motivazione circa un fatto decisivo costituito dall’indifferibilità delle cure.

Dal Palazzaccio, tuttavia, hanno ritenuto infondate le doglianze proposte.

Per gli Ermellini, la Corte territoriale aveva correttamente escluso che il complesso della normativa in questione (L. n. 833 del 1978, art. 37, D.P.R. n. 618 del 1980, L. n. 595 del 1995, art. 3, D.M. 3 novembre 1989, D.M. 24 gennaio 1990, D.M. 30 agosto 1991, D.M. 13 maggio 1993, art. 2, modificativo del D.M. 3 novembre 1989) consentisse di attribuire al ricorrente il rimborso delle cure sanitarie sopportate all’estero in seguito a ricovero d’urgenza, durante il soggiorno turistico all’estero e che tale normativa potesse essere ritenuta contrastante con l’art. 32 Cost..

La Cassazione ha inoltre specificato che, affinché operi tale normativa “deve trattarsi di centri dotati di non comuni tecniche operative o di attrezzature ad avanzata tecnologia, non presenti o non disponibili tempestivamente nel Paese stesso”. Inoltre, “è richiesta la preventiva autorizzazione, fatti salvi i casi di urgenza per cittadini i quali già si trovino all’estero, sempre fermo restando il requisito dell’altissima specializzazione”. Fanno eccezione le cure prestate a cittadini che si trovino all’estero per motivi di studio o di lavoro.

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