Respinto il ricorso di un cittadino contro i rilievi mossi alla CTU sulla base della quale era stata respinta la sua domanda di accertamento del requisito sanitario utile ai fini dell’assegno ordinario di invalidità

La parte che addebiti alla consulenza tecnica d’ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si dolga di erronei apprezzamenti contenuti in essa (o nella sentenza che l’ha recepita) ha l’onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla; tali omissioni impediscono la valutazione di fondatezza dei rilievi mossi alla CTU

E’ il principio ribadito dalla Cassazione con l’ordinanza n. 10617/2021 nel pronunciarsi sul ricorso di un cittadino che si era visto respingere dal Tribunale, in sede di cd. «opposizione ad ATP» ex art. 445 bis, comma 6, cod.proc.civ., la domanda di accertamento del requisito sanitario utile ai fini dell’assegno ordinario di invalidità ex art. 1 della legge nr. 222 del 1984.

Il Tribunale aveva fondato la propria decisione sugli esiti della consulenza tecnica espletata nella fase di «ATP», di cui aveva condiviso le argomentazioni medico-legali, non avendo, ad esse, la parte contrapposto «nessuna emergenza documentale o alcun deficit di indagine che (avrebbe potuto) confutarla».

Nel rivolgersi alla Suprema Corte il ricorrente deduceva, tra gli altri motivi, l’erronea e/o la mancata valutazione di circostanze relative a fatti decisivi della controversia imputando alla consulenza l’omessa considerazione di tutte le patologie certificate e sofferte dal ricorrente.

In particolare, a suo avviso, il CTU non avrebbe considerato il certificato Asp di Reggio Calabria del 10/1/2017 e il certificato del Poliambulatorio specialistico dell’Asp nr. 5 di Reggio Calabria.

Per gli Ermellini, tuttavia, le censure si arrestavano ad un rilievo di inammissibilità, per difetto di specificità; non era, infatti, né trascritta, né ritualmente localizzata la consulenza tecnica, in violazione dei principi sanciti dall’art. 366, comma 1, nr. 6 cod.proc.civ. e dall’art. 369, comma 2, nr. 4 cod.proc.civ.

All’evidenza, come formulate, le critiche prospettavano quindi un mero dissenso rispetto alle valutazioni diagnostiche compiute dall’ausiliario e recepite dal giudice, non consentito in sede di legittimità. Da lì il rigetto del ricorso.

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