La donna il 30 marzo 2006 eseguiva un controllo mammografico presso il Servizio di Radiologia dell’Ospedale e il conseguente referto, redatto dal dottor SA, escludeva alterazioni a focolaio neoplastico.
L’anno successivo (maggio 2007) la mammografia evidenziava “opacità pseudonodulare con microcalcificazioni” e l’ecografia mammaria aveva confermato l’iniziale diagnosi e la presenza di “infoadenopatie nel cavo ascellare omolaterale”. Ulteriori accertamenti e bioptici confermavano la natura maligna dei noduli.
Il 30 maggio 2007 la donna veniva si sottoponeva a Pavia a quadrantectomia della mammella destra e dissezione linfonodale e il referto istologico confermava l’esistenza del carcinoma duttale infiltrante della mammella, le metastasi di carcinoma linfonodali di vari livelli, da I a III.
Dopo le terapie e un periodo di regressione triennale, la patologia era ricomparsa nel 2010, caratterizzata da metastasi epatiche ed ossee, con susseguente terapia antiblastica. Nel 2013 erano apparse lesioni nell’emisfero cerebrale di destra, con successive cure palliative domiciliari.
La vicenda giudiziaria
Il Tribunale accoglie la domanda avanzata dai familiari della donna. La pronuncia viene solo parzialmente riformata dalla Corte di Appello in punto di onere delle spese della medesima C.T.U.
Correttamene, il Tribunale aveva affermato il pregiudizio da perdita di chance, portando sino al 55% la percentuale proposta dal CTU nella misura del 30%, tenuto conto dell’età della paziente, nata nel 1954, e del descritto ritardo nell’esecuzione delle cure, previa conferma della sussistenza del nesso causale tra errore medico, accertato anche in sede penale, e possibilità di sopravvivenza perdute. Liquidava, quindi, il danno morale da diminuzione della durata e peggiore qualità della vita, e il correlato danno da perdita anticipata del rapporto parentale, con riduzione equitativa dei valori tabellari milanesi rispetto a quelli relativi alla differente perdita della vita stessa, escludendo, in specie, il danno da perdita di chance ipotizzabile iure hereditatis poiché la domanda era stata formulata, sotto tale profilo, solo come perdita della possibilità di giovarsi della presenza in vita della congiunta.
Egualmente correttamente, il Tribunale escludeva il ristoro del danno biologico, non configurabile ad avviso del CTU, nonché catastrofale e tanatologico.
L’ASL Azienda Sanitaria Locale n. 2 Lanciano Chieti Vasto impugna in Cassazione la decisone della Corte di Appello di L’Aquila.
Il ricorso in Cassazione
La Cassazione deve vagliare il danno da perdita delle chance di sopravvivenza, e la sua liquidazione, il danno morale e da perdita del rapporto parentale con riferimento esplicito alla perdita anticipata della vita della congiunta.
Le doglianze sono corrette (Cassazione civile, sez. III, 30/07/2024, n.21415). Innanzitutto viene ricordato che:
- i) in ipotesi di condotta colpevole del sanitario cui sia conseguita la perdita anticipata della vita, perdita che si sarebbe comunque verificata, sia pur in epoca successiva, per la pregressa patologia del paziente, non è concepibile, né logicamente né giuridicamente, un danno da “perdita anticipata della vita” trasmissibile iure successionis, non essendo predicabile, nell’attuale sistema della responsabilità civile, la risarcibilità del danno tanatologico. È possibile, dunque, discorrere, risarcendolo, di “danno da perdita anticipata della vita”, con riferimento al diritto iure proprio degli eredi, rappresentato dal pregiudizio da minor tempo vissuto con il congiunto.
- ii) In linea generale, il danno da perdita anticipata della vita va distinto da quello da perdita di chance di (maggiore) sopravvivenza, posto che, se la morte è intervenuta (con riferimento alla patologia riguardo alla quale si discute dell’errore medico), l’incertezza eventistica, che di quest’ultima costituisce il fondamento logico prim’ancora che giuridico, è stata smentita da quell’evento; ne consegue l’inammissibilità della congiunta attribuzione di un risarcimento da “perdita anticipata della vita” e da perdita di chance di sopravvivenza, trattandosi di voci di danno logicamente incompatibili, salvo il caso, del tutto eccezionale, in cui si accerti, anche sulla base della prova scientifica acquisita, che esista, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto, la seria, concreta e apprezzabile possibilità, sulla base dell’eziologica certezza della sua riconducibilità all’errore medico, che, oltre quel tempo già determinato di vita perduta, il paziente avrebbe potuto sopravvivere ancora più a lungo.
Gli errori della Corte di Appello
Ribaditi tali principi, la Corte di Appello erroneamente:
- – ha confuso il danno da perdita di chance da quello di anticipata perdita della vita, affermando l’accertamento del primo e parametrandolo in funzione del secondo.
- – Ha negato apoditticamente che fosse stato richiesto iure successionis il risarcimento del danno da perdita di chance invece richiesto, in linea subordinata, incorrendo in violazione del vincolo di corrispondenza tra chiesto e pronunciato per inesatta rilevazione del contenuto della domanda.
- – Ha negato il riscontro di un danno biologico differenziale affermando senza nessuna logica, la sussistenza di una peggiore qualità della vita in tesi coincidente.
- – Ha affermato la spettanza del danno morale, rapportandolo, dunque, al minor vissuto oltre che al peggior vissuto.
Pertanto, il Giudice del rinvio dovrà liquidare il danno, accertato quale perdita di chance, verificando e spiegando la componente biologica differenziale da peggiore qualità della vita e la componente morale da lucida consapevolezza acquisita degli esiti della imminente morte, entrambe assegnabili per via ereditaria; liquidare il danno da perdita della chance di un più ampio rapporto parentale, assegnabile iure proprio.
Avv. Emanuela Foligno